Il dream team dei consulenti

L’evoluzione è un processo di adattamento a nuovi tempi e inedite esigenze. Ed è in quest’ottica che va intesa l’innovazione di Fineco. La banca dà sempre più spazio alla consulenza in team che, dopo un anno dal lancio (ovvero gennaio 2020), consta già di 193 squadre di advisory. “Presentarla subito sarebbe stato un po’ il libro dei sogni”, dice Mauro Albanese, vicedirettore generale di  FinecoBank,  “abbiamo voluto farlo adesso perché abbiamodei numeri concreti in mano”. La consulenza in team non è un concetto nuovo, anzi affonda le sue radici in America negli anni novanta. All’epoca fu Merill Lynch a fare da apripista. “Non siamo nemmeno stati i primi in Italia”,

Albanese fa riferimento alla piattaforma sviluppata da Fineco, che non è nuova a strumenti e iniziative ad alte performance digitali. X-Net, questo il nome del portale, permette di creare il proprio dream team di consulenti.

La via maestra

“Questa è la via maestra per aumentare la qualità dei servizi ai clienti e per accrescere la nostra capacità di essere capillari sul mercato dei risparmiatori italiani”, sottolinea  ancora  Albanese. Le tipologie di team attivi nella rete di Fineco sono tre: relay, team one to one pensato per il passaggio generazionale di portafoglio da un consulente senior a uno junior; skills, per l’unione di competenze complementari. Si presenta come una squadra di stampo altamente specialistico e si approccia a clienti con particolari esigente. Infine il growth, destinato al consulente che vuole mantenere standard qualitativi per la clientela core, senza trascurare tutto il portafoglio. In più è presente anche un team manageriale, finalizzato alla gestione condivisa delle risorse coordinate, con lo scopo di un maggior presidio del territorio o di una maggiore efficacia nel reclutamento o dell’incisività. In quest’ottica “il team è anche uno strumento che agevola il reclutamento di nuovi colleghi”, spiega Angelita Brambilla, head of network PFA Development della banca.

Nella creazione del team sono previsti da due a massimo cinque consulenti. Solo uno ha la funzione di leader, gli altri si configurano come partner. Non è necessario che chi gestisce i lavori della squadra sia anche il più esperto, è soltanto colui che decide di condividere il portafoglio, di cui mantiene comunque la titolarità e la responsabilità giuridica.
Brambilla spiega che è possibile circoscrivere i clienti del team, decidendo se condividere il pieno portafoglio in una struttura di consulenza full oppure a perimetro, cioè ristretta a una precisa sezione di clienti. Il gioco è quindi nelle  mani  del  leader che sceglie il proprio team in base alle proprie esigenze e caratteristiche nonché agli obiettivi da raggiungere. Da Fineco assicurano che non c’è limite al numero di team che si possono costituire nella rete, o a cui si può partecipare. Si possono anche creare due team incrociati, il focus rimane sempre il cliente.

Infine, c’è il tema della remunerazione. “Questa modalità di fare consulenza”, afferma Brambilla, “premia la professionalità e la meritocrazia grazie a una remunerazione corretta in funzione della complessità di gestione o delle attività”. L’obiettivo è premiare il merito e la professionalità attraverso una remunerazione corretta che dipende dalla complessità di gestione dei portafogli. Infatti, la condivisione degli economics riguarda sia le provvigioni,  che  la raccolta e il patrimonio e la suddivisione può essere personalizzata per voce, partner o cliente. E a proposito di cliente: “Per lui non cambia nulla, neanche il prezzo dei servizi”, rassicura Brambilla.

Il primo team di Fineco è nato nel gennaio 2020 e la scelta di creare dei piccoli atomi funzionali di consulenti finanziari, strizzando un po’ l’occhio all’America, sembra essere stata una scelta tanto coraggiosa quanto azzeccata. Almeno stando ai numeri: a giugno 2021 i team creati erano appunto 193, di cui 31 relay, 86 skills, 76 growth. Sul totale si possono inoltre distinguere 143 team a perimetro e 50 full. I clienti totali ammontano a 12.500.

Alto livello di digitalizzazione

Anche Luigi Conte, presidente dell’Anasf, non ha dubbi che questa nuova modalità di fare advisory sia un processo di evoluzione: “Rappresenta, allo stato, il modello più evoluto di consulenza”. Chiaramente il riferimento è alla possibilità tecnica di composizione del team. Per questo Conte afferma che “grazie alla collaborazione tra cf con differenti livelli di specializzazione, è possibile costituire team strutturati per offrire soluzioni integrate e finalizzate a investitori evoluti ed esigenti”.
Ma ciò non sarebbe possibile senza l’alto livello di digitalizzazione, in questo caso di Fineco ma in futuro, stando ai programmi del governo, anche di tutto il Paese, “con un conseguente e decisivo impulso in termini di efficientamento e razionalizzazione dei processi”. Un altro step da compiere è superare l’individualismo legato alla professione. Ne è convinto Massimo Arrighi, partner di Kearney, che elogia la consulenza in team per l’elevato numero di benefici professionali: “In un settore caratterizzato da elevata seniority sia dei private banker che dei loro clienti, la consulenza in team rappresenta un ottimo strumento per gestire in modo efficace l’inevitabile passaggio generazionale”, dice Arrighi, che aggiunge: “I consulenti senior che hanno forti relazioni personali con i loro clienti possono infatti aumentare la professionalità e ampliare il servizio proprio grazie alle competenze specialistiche dei giovani”.

Anche perché bisogna considerare che il ricambio generazionale non coinvolge solo i professionisti della consulenza ma anche i loro interlocutori che stanno dall’altra parte della barricata. “Il passaggio dei portafogli da clienti senior ai più giovani è imminente. Anche la consulenza deve dunque cambiare il suo modo di comunicare”, aggiunge Arrighi, che mette in luce però anche alcuni aspetti critici o negativi: “Tra le situazioni a cui prestare attenzione”, dice, “c’è la necessità di un corretto split commissionale all’interno del team, altrimenti si rischia di non valorizzare i contributi di tutti. Non si tratta di una sostituzione”, conclude il partner di Kearney, “ma di affiancare esperienza a nuovi stimoli che possano favorire il progresso del servizio e, nell’ottica dell’impiego del risparmio, anche il progresso del Paese”.

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