In base ai dati diffusi ieri da Assogestioni, nel secondo trimestre di quest’anno i fondi PIR tradizionali sono tornati a registrare una raccolta netta positiva pari a +105,6 mln di euro, rispetto ai -316.4 mln del primo quarter e ai -403.3 mln dell’ultimo trimestre del 2020. La raccolta netta totale nel primo semestre è tuttavia ancora negativa -210.8 mln di euro.
L’AUM totale dei 68 fondi PIR (70 a fine primo quarter 2021 e 72 a fine secondo trimestre 2020) è pari a 19.7 mld di euro, in significativo aumento su base trimestrale (+5.9%) grazie all’andamento positivo dei mercati.
In termini di AUM il leader dei PIR rimane Banca Mediolanum con una market share del 21.3%, davanti al gruppo Intesa SanPaolo (20.6%), Amundi (15%), Arca (12%) e Anima (10%).
In termini di singole categorie, è leggermente aumentata l’incidenza sul totale AUM dei prodotti azionari al 29% (dal 28 del primo trimestre), mentre si riducono leggermente i bilanciati al 44% (dal 45%) e i fondi flessibili al 27% (dal 26%).
Assogestioni segnala poi che i PIR alternativi hanno registrato flussi in entrata per +349 mln di euro nel trimestre appena concluso.
Le stime degli analisti di Equita sui Pir
Per i PIR tradizionali gli analisti di Equita stimamo una raccolta netta di circa +500 mln di euro, mentre per i PIR alternativi (dove la Legge di Bilancio 2021 ha introdotto ulteriori benefici fiscali come il credito d’imposta sulle minusvalenze) la raccolta netta attesa è di circa +2/+3 mld all’anno (per raggiungere 10-15 mld di AUM entro cinque anni).
A detta di Equita i PIR restano degli strumenti molto attraenti e vanno nella direzione di canalizzare il risparmio in partecipazioni che creano valore economico e sostenibile per le PMI e per gli investitori. Inoltre, grazie alla combinazione Draghi e Recovery Plan, la Sim milanese che l’Italia sia tra i Paesi più interessanti in cui investire al momento, anche alla luce di un profilo di rischio nettamente migliorato che potrebbe portare un ritorno di capitali verso l’Italia.