Pir: peggiora la raccolta

Il 18 maggio 2022, Assogestioni ha pubblicato i dati aggiornati sulla raccolta PIR del 1° trimestre 2022 nella sua revisione trimestrale. Assogestioni ha modificato la propria reportistica e ora rilascia anche i dati di raccolta dei PIR alternativi: nel primo trimestre del 2022 i PIR ordinari hanno raccolto 160,2 milioni di euro, mentre i PIR alternativi hanno registrato una raccolta di 83,4 milioni di euro. In termini di AuM, i PIR ordinari hanno in gestione 19,8 miliardi di euro, mentre 1,8 miliardi di euro sono investiti in fondi PIR alternativi. Per quanto riguarda i PIR ordinari, la raccolta netta trimestrale di 160,2 milioni di euro ha prolungato il numero di trimestri in cui si è registrato un trend positivo, iniziato nel secondo trimestre del 2021.

Tuttavia, come fanno notare da Intermonte la situazione è peggiorata significativamente nel 2° trimestre. A settembre, Assogestioni ha segnalato deflussi dai fondi PIR ordinari nel 2° trimestre 22 per 196 milioni di euro, portando il saldo totale del 1° semestre ‘22 a 35 milioni di euro. Il dato è leggermente migliore di quello anticipato dall’Osservatorio PIR del Sole 24 Ore, che stimava 234 milioni di euro di deflussi nel 2° trimestre ‘22. A fine giugno le masse gestite si sono attestate a 17,5 miliardi di euro, in calo rispetto ai 19,8 miliardi di euro di fine marzo (-11,6%), chiaramente a causa dell’andamento dei mercati. Per quanto riguarda i PIR alternativi, la raccolta nel 2° trimestre ‘22 è stata di 153 milioni di euro, in accelerazione rispetto al 1° trimestre ‘22 (83 milioni di euro), con un dato a un anno di 236 milioni di euro e un AuM di 1,44 miliardi di euro (rispetto agli 1,8 miliardi di euro a fine marzo).

Secondo l’Osservatorio PIR, i deflussi sono proseguiti anche in luglio e agosto, rispettivamente con -63 e -57 milioni di euro, portando il dato annuale a -155 milioni di euro. L’attuale volatilità dei mercati e l’instabilità politica potrebbero continuare a influenzare negativamente gli afflussi nella seconda parte dell’anno.

Si ricorda che le caratteristiche del PIR 3.0 sono le seguenti: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale del fondo) deve essere investito in titoli non presenti nell’indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (o del 3,5% del fondo totale) in small cap non quotate né nel FTSE MIB né nel FTSE MID. Questa misura dovrebbe convogliare i flussi verso un universo di piccole imprese che si prevede possano trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori. La nuova normativa consente inoltre ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR. Il beneficio fiscale (invariato) riguarda ancora l’eliminazione dell’imposta sulle plusvalenze a condizione che l’investimento sia stato mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.

Il PIR alternativo, d’altro canto, è un wrapper con benefici fiscali simili a quelli del PIR (esenzione fiscale delle plusvalenze per gli investimenti detenuti per almeno 5 anni) e a sua volta è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt. A causa degli investimenti in attività illiquide (più vicine all’economia reale ma più rischiose), gli investitori affluent sono i clienti target. L’importo massimo investibile all’anno è di 300.000 euro per persona (contro i 30.000 euro dei PIR) fino a un massimo cumulativo di 1,5 milioni di euro per persona. Inoltre, il limite di concentrazione (cioè il massimo investimento cumulativo in un singolo titolo) è stato fissato al 20% (il 10% è il limite per i normali fondi PIR).

Questi strumenti alternativi sarebbero infatti adatti a superare la volatilità del mercato, dato il loro impegno a lungo termine, e sono complementari ai fondi PIR in senso più ampio (sono pensati per investitori semi-professionali piuttosto che retail). Riteniamo che l’introduzione dei PIR alternativi potrebbe anche rappresentare una soluzione intelligente all’attuale impasse a livello europeo sugli ELTIF, in quanto i nuovi PIR alternativi hanno il diritto di acquistare fondi ELTIF, beneficiando così indirettamente questi ultimi.

Le stime di Intermonte per i PIR ordinari

La recente volatilità e l’incertezza del mercato dovrebbero continuare, almeno nel breve periodo, e probabilmente limiteranno gli afflussi nei prossimi mesi. Per quanto riguarda le nostre previsioni di afflussi per il 2022, abbiamo già evidenziato come fossero basate su ipotesi troppo aggressive. Alla luce dello scenario attuale e dei recenti dati preliminari del PIR monitor, confermiamo la nostra posizione prudente: la nostra stima di afflussi per il 2022 è di 52 milioni di euro e notiamo che la visibilità rimane bassa, sia a causa del contesto generale di mercato, sia per la specifica transizione politica italiana post-elettorale. Nel lungo termine, le nostre ipotesi si basano sull’aspettativa che l’interesse per questo prodotto rimanga piuttosto alto grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell’investitore.

Le ipotesi alla base delle stimedi Intermonte

Per il 2022, Intermonte ipotizza una raccolta lorda da parte dei nuovi sottoscrittori di PIR pari a 90 milioni di euro;

  • Per quanti sottoscrivono Pir in modo continuativo, prevediamo che la raccolta complessiva nel secondo anno sarà pari a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello); nei restanti anni (cioè dal terzo al quinto anno) prevediamo una raccolta stabile, pari in media al 60% degli investimenti effettuati nel secondo anno;
  • Infine, calcoliamo che l’ammontare del capitale che verrà ritirato dagli investitori che decideranno di uscire dal fondo prima del termine dei cinque anni (per qualsiasi motivo) sia pari al ~3,5% degli Assets under Management nel 2022 e oltre.

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