Investimenti, ecco l’outlook obbligazionario di DPAM

A cura di Sam Vereecke, CIO Fixed Income, DPAM

Prevedere il futuro è piuttosto difficile, soprattutto in periodi di alta volatilità. Tuttavia, la maggior parte degli indicatori chiave sembra far pensare a una recessione. La profondità della stessa dipenderà dall’aggressività con cui le banche centrali decideranno di inasprire la politica monetaria. Ci attendiamo che le banche centrali passino da un aumento aggressivo dei tassi a incrementi più contenuti, nel tentativo di controllare la crescita dell’inflazione. Una volta raggiunti i livelli di tassi a termine prestabiliti, sarà opportuno fare una pausa per verificare l’impatto di queste politiche sull’economia reale. A quel punto, le banche centrali decideranno se continuare ad aumentare i tassi o meno, a seconda che l’inflazione rimanga in linea. Si tratta di un delicato equilibrio con una posta in gioco molto alta.

TASSI

L’inflazione potrebbe aver raggiunto il livello massimo e potrebbe essere destinata a scendere, soprattutto a causa delle componenti dei prezzi sottostanti che hanno raggiunto o stanno raggiungendo il loro massimo. Tuttavia, il grande interrogativo rimane se l’inflazione salariale continuerà a determinare conseguenze secondarie e a mantenere l’inflazione costantemente alta, al di sopra degli obiettivi delle banche centrali. Negli Stati Uniti, un altro fattore da considerare è se l’elevato prezzo dei beni rifugio si normalizzerà. Le banche centrali hanno un impatto più diretto sulle dinamiche salariali, ma è necessario essere consapevoli del ritardo temporale tra le decisioni e il loro impatto sul lavoro e sui salari. La sfida principale per le banche centrali è quella di inasprire la politica monetaria in misura sufficiente a evitare una spirale inflazionistica costi-salari, ma senza esagerare. Il nostro scenario di base ipotizza un processo di inasprimento simile a quello attualmente previsto, ma dobbiamo essere consapevoli che non tutte le banche centrali hanno lo stesso obiettivo e non tutti i panieri di calcolo dell’inflazione sono uguali. Ciò significa che alcune banche centrali saranno più accomodanti di altre. Di conseguenza, è giunto il momento di ridurre l’eventuale sottopeso di duration rimanente e di investire nei mercati in cui ci si aspetta che le banche centrali siano già a buon punto del loro processo di inasprimento monetario o in cui sia già prezzato un intervento sufficiente. Il rischio principale è che le banche centrali si fermino troppo presto o che la stretta monetaria attualmente prevista non sia sufficiente. Ciò potrebbe portare a un’inflazione stabilmente elevata e a un ulteriore inasprimento delle loro politiche monetarie.

Una domanda fondamentale è a quale livello convergerà l’inflazione dopo che la normalizzazione delle attuali percezioni di forte inflazione sarà svanita. Sarebbe sbagliato supporre che convergerà naturalmente al 2% grazie alla politica monetaria. Vi sono una serie di ragioni per ritenere che l’inflazione potrebbe giungere a essere strutturalmente più alta rispetto al punto toccato appena prima della pandemia, con la BCE che fatica a portare l’inflazione al suo obiettivo del 2%. Una serie di fattori sottostanti (tra cui la continua inversione della globalizzazione, la contrazione del mercato del lavoro, l’impatto del cambiamento climatico sui modelli e sui costi aziendali e l’impatto della transizione energetica sulla domanda di manodopera e di materie prime) sono solo alcuni dei motivi per ritenere che ci saranno maggiori pressioni al rialzo sull’inflazione.

Nel frattempo, la natura lenta dell’indice dei prezzi al consumo statunitense fa sì che sia spesso in ritardo rispetto alle dinamiche correnti del mercato degli affitti e delle abitazioni. Data la tendenza all’indebolimento di molti indicatori immobiliari, ci aspettiamo che i costi degli alloggi scendano gradualmente, ma i tempi potrebbero essere lunghi. Questa differenza di composizione potrebbe creare differenze significative importanti tra l’inflazione statunitense e quella europea, in quanto la prima potrebbe essere un po’ meno volatile. Nel complesso, le aspettative di inflazione sono attualmente prezzate in modo ragionevole (simili a quelle del 2017 e del 2018). Di conseguenza, le obbligazioni indicizzate all’inflazione rappresentano ancora una copertura contro le future sorprese al rialzo.

CREDITO

Per quanto riguarda il credito, il messaggio chiave che vogliamo trasmettere è che le valutazioni sono interessanti su tutti i fronti, sia che si guardi all’investment grade, all’high yield o alle obbligazioni convertibili. Gli spread creditizi sono diventati molto interessanti, anche con la minaccia di una recessione incombente. Mentre adottiamo un approccio più cauto nei confronti dell’high yield, siamo sovrappesati nell’investment grade e neutrali sulle obbligazioni convertibili. In particolare, vediamo grandi opportunità negli spread del credito europeo e privilegiamo l’esposizione ai titoli del tesoro negli Stati Uniti.

MERCATI EMERGENTI

I mercati emergenti sono particolarmente promettenti in questo momento, grazie a una serie di fattori. Innanzitutto, il rallentamento della crescita globale e la riduzione dell’inflazione in molti Paesi sono positivi per la duration. Inoltre, con una maggiore chiarezza sulla strategia della Fed e un ritmo più lento di inasprimento della politica monetaria, ci aspettiamo di vedere una riduzione della volatilità sui mercati. Anche le valutazioni appaiono interessanti, soprattutto se confrontate con i livelli storici, e il carry conveniente sta fornendo un utile cuscinetto per i rendimenti totali. Pensiamo ci sia molto spazio per la crescita.

Naturalmente, non ci sono solo buone notizie. Ci sono alcuni aspetti negativi da considerare, come le rigide condizioni monetarie nei mercati sviluppati e il loro potenziale impatto sull’appetito per gli investimenti nei mercati emergenti (soprattutto se le politiche fiscali rimanessero allentate). Il fatto che ci stiamo avvicinando al “picco di rigidità” è storicamente un fattore positivo per le obbligazioni dei Paesi emergenti. Nel complesso, siamo positivi sulle prospettive del debito locale e riteniamo che i mercati emergenti abbiano il potenziale per essere una valida componente di investimento nel 2023.

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