Borra (Fidelity International): “L’approccio agli investimenti deve supportare i clienti”

Negli ultimi anni i mercati finanziari hanno subito una profonda trasformazione, imponendo agli investitori e agli operatori del settore finanziario la necessità di un nuovo approccio alla costruzione dei portafogli. “L’andamento dei mercati in generale ha esposto gli investitori a frequenti turbolenze: le obbligazioni esistenti soffrono a causa del rialzo dei tassi, mentre le aziende cercano di gestire le pressioni sui costi causate da un’inflazione strutturale più elevata rispetto al passato”, ha detto Natale Borra, head of distribution di Fidelity International in un incontro con la stampa a Milano. “Molti investitori oggi si trovano in portafoglio strumenti che non corrispondono più agli obiettivi che si erano prefissati e sono ora alla ricerca di soluzioni che permettano loro di ripartire”.

Alla complessità dei mercati si aggiunge quella della mente umana quando deve ragionare in termini di rischio, incertezza, guadagni e perdite. “Serve, dunque, un approccio all’investimento che permetta ai professionisti di supportare i clienti tenendo in considerazione anche questi aspetti più psicologici” prosegue Borra.

È quindi ora di costruire un modello di consulenza finanziaria che tenga conto dell’emotività delle persone e non solo di una pura logica razionale? Pare proprio di sì. È quella che si chiama finanza comportamentale di seconda generazione. Sperando che questa volta possa davvero applicarsi, in un paese dove la cultura finanziaria resta bassissima così come la consapevolezza in materia. Ed ecco che il colosso della gestione Fidelity prova a scardinare quella resistenza culturale che non permette un lavoro sinergico ai fini della costruzione di un portafoglio capace di rispondere agli obiettivi di vita.

Fidelity quindi ha presentato il white paper “Crescita, Reddito, Stabilità. Dalla prospettiva della finanza comportamentale di seconda generazione”, sviluppato grazie alla collaborazione di Matteo Motterlini, professore ordinario di Filosofia della Scienza e titolare dei corsi di economia cognitiva e Neuroeconomia, e Behavior Change all’Università San Raffaele di Milano. “Si può ottenere migliore disciplina e controllo facendo leva sui modelli comportamentali. Il consulente può scardinare i bias o piegarli in senso positivo, per ricondurre la discussione con il cliente alla razionalità”, ha detto il professore. Sulla base delle evidenze emerse dall’indagine sul mercato italiano realizzata in collaborazione con Finer – Finance Explorer, volta a verificare nel concreto la rilevanza del modello Crs (Crescita, Reddito, Stabilità), Fidelity International ha dunque avviato il progetto di ricerca, per approfondire gli aspetti psicologici e motivazionali.

Il diverso rapporto coi soldi

Le teorie comportamentali che sono alla base dell’approccio CRS sono la contabilità mentale o teoria dei conti mentali (che dobbiamo al Premio Nobel Richard Thaler) e la prospect theory (grazie ai contributi del premio Nobel Daniel Kahneman). I soldi sono inoltre trattati in modo diverso a seconda della loro provenienza, come ha dimostrato la teoria dei conti mentali di Thaler. Basti pensare a come spendiamo con più leggerezza la tredicesima rispetto allo stipendio. La prospect theory spiega come la mente soppesi guadagni e perdite, a partire da un determinato livello di riferimento che l’investitore si è prefissato (ad esempio lo status quo o l’obiettivo). In particolare, l’avversione alle perdite è in rapporto di 2,25 : 1 rispetto ai guadagni, per cui le perdite hanno un peso di 2,25 rispetto a 1 di guadagno. Tutto questo ha a che fare con il nostro cervello e in particolare con l’amigdala, l’area responsabile alla comprensione delle emozioni, soprattutto quelle della paura. Ha spiegato il professore: “le uniche persone a non provare l’avversione alle perdite sono quelle con una lesione cerebrale ad amigdala. Al contrario, un guadagno innesca un reward system, dando una gratificazione immediata e attivando le aree cerebrali legate al piacere”.

E ha aggiunto: “Il cervello umano funziona così. Si torna a su uno strumento finanziario che ci ha fortemente deluso solo dopo 10 anni. Per anni lo si rifiuta. L’emozione della sconfitta, in altre parole, va elaborata e ci vuole tempo. Per questo sarebbe meglio avere qualcuno con cui potersi confrontare e che sia in grado di gestire la nostra dimensione emozionale”. Un altro bias ricorrente è il present bias, per cui le persone preferiscono ottenere 1.000 euro oggi rispetto a 1.100 euro domani. Motterlini ha evidenziato che la rete, per esempio, è un detonatore di irrazionalità, è puro istinto e quindi puro rischio. Per questo in rete sono più frequenti acquisti e vendite compulsivi, anche sui portafogli. Il professore ha poi spiegato che l’irrazionalità delle persone non è casuale, ma sistematica e prevedibile: “Le persone sanno cosa devono fare, ma non riescono a farlo. Il cervello agisce da filtro tra un portafoglio finanziario e la sua percezione, distorcendo la realtà. Conoscendo però i limiti che hanno gli investitori, è possibile correggerli”. E ha lanciato un allarme: “l’Italia è molto scarsa in materia di conoscenza scientifica. Un atteggiamento favorita anche dai media e dalla ricerca della strada più semplice per spiegare concetti complessi. Anche la finanza comportamentale spesso viene banalizzata, per cui si finisce per soffocare l’interesse sul tema invece di alimentarlo”.

Il ruolo del consulente

Per Motterlini, il consulente non deve avere un atteggiamento paternalista, tipico del medico che prescrive la medicina al paziente e riassumibile nella frase “se fossi in te, farei così”. “Con il consulente paternalista, il cliente non cresce. Il consulente bravo si affianca al cliente e condivide delle conoscenze con lui, instaura un rapporto trasparente e che considera quello che accade nella testa del cliente, in modo da raggiungere una soluzione condivisa, senza basarsi loro sulla cieca fiducia nei suoi confronti”. La consulenza finanziaria può usare i punti deboli a suo favore, con strumenti che parlino all’essere umano e non all’investitore razionale delle teorie economiche. Il docente dell’Università San Raffaele suggerisce anche di “agganciare il denaro a un obiettivo concreto, non parlare solo di soldi con i clienti. I conti mentali non sono razionali, ma possono essere utilizzati in modo ragionevole per realizzare i propri progetti. Posto che siamo umani, è meglio essere ragionevoli che razionali”, ha aggiunto il professore. E ancora: “Il cliente che punta al reddito si aspetta un rendimento attorno al 2,5%. Qualunque rendimento al di sotto sarà percepito come una perdita, anche se tecnicamente è un mancato guadagno. Il cliente che vuole la stabilità, si aspetta rendimento del 2-4%. Chi vuole crescita, si aspetta rendimento più alto, mediamente tra il 3% e il 3.25% annuo, ma tollera anche perdite maggiori”.

Il ruolo di Fidelity International

Da oltre dieci anni l’asset manager ha strutturato la propria offerta in modo da rispondere alle tre principali esigenze di investimento: la crescita del capitale nel lungo termine (che può essere ottenuta investendo tipicamente in temi e aziende con prospettive di crescita strutturale di lungo periodo), l’ottenimento dal proprio investimento di un reddito periodico (attraverso un’esposizione a strumenti che distribuiscono cedole periodiche), la stabilità del portafoglio nelle fasi più volatili di mercato (raggiungibile ad esempio attraverso strumenti di pianificazione finanziaria). Si tratta del modello CRS, secondo il quale alla base della costruzione di un portafoglio non c’è più la definizione della percentuale da destinare alle diverse asset class: in questo caso una quota del portafoglio viene destinata alle tre componenti del modello, sulla base degli obiettivi dell’investitore. Affermatosi progressivamente sul mercato nel corso degli anni, nel 2018 il regolatore ha in modo indiretto confermato la sua validità di tale modello identificando, nell’ambito dello European MiFID Template, gli obiettivi dei clienti come “Growth” (Crescita), “Income” (Reddito) e “Preservation” (Stabilità). 

Fidelity sta lavorando poi a strumenti che aiutino i consulenti, come la simulazione degli effetti del piano di accumulo di capitale (Pac). “Abbiamo anche sviluppato il simulatore ‘Il mio progetto’. I prodotti diventano mattoncini per raggiungere obiettivi”, ha detto Borra. E ha concluso: “dall’indagine emerge che sia i professionisti sia i clienti finali ritengono importante che una sgr strutturi i propri prodotti sulla base di un modello di tipo crescita reddito e stabilità. Reddito e stabilità rimangono gli obiettivi più rilevanti, a testimonianza di una preferenza storica degli investitori italiani verso strumenti più conservativi e in grado di offrire un flusso di reddito periodico, mentre l’obiettivo crescita – perseguito tipicamente attraverso strategie azionarie – è percepito in media meno importante rispetto agli altri, nonostante nel lungo periodo l’azionario possa rappresentare una copertura naturale all’inflazione presente oggi sui mercati”.

 

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