Fondi Russia: gli investitori pagano la dipendenza dal greggio

Tutto il mondo è concentrato sulla crisi del mercato immobiliare statunitense e di riflesso su  Wall Street. Tutto il mondo ha assistito al graduale declino del dollaro degli ultimi 12 mesi (anche se nelle ultime settimane sembra cominciata un’inversione di tendenza piuttosto importante). Tutti abbiamo assistito alla corsa delle materie prime (sarebbe meglio parlare di bolla ndr) e al loro rapido declino.

Il 2008 è stato l’anno degli estremi, dei rialzi spettacolari e dei crolli repentini. Proprio le materie prime hanno vissuto il loro anno a due facce: consigliate e acquistate da gestori per oltre 10 mesi, oro, palladio, nickel senza dimenticare petrolio e gas naturale hanno fatto la fortuna dei grandi paesi esportatori e dei fondi che hanno scommesso sul loro rialzo. Finita la sbornia e rientrata l’euforia i corsi stanno gradualmente tornando alla realtà con relative perdite per chi detiene posizioni lunghe (non è un caso che in luglio e agosto le peggiori perdite del mercato sono state registrate da gestori hedge con posizioni lunghe sulle commodity).

Mai come in questo ultimo anno si è reso evidente che le sorti dei paesi produttori ed esportatori di greggio (o di altre materie prime che hanno un peseo rilevante sulla bilancia commerciale) sono in effetti legate a doppio filo con le quotazioni dei future alla Borsa di Londra o New York.

Produttori storici come l’Arabia Saudita, l’Iran, la Libia, la Russia, hanno vissuto il loro momento di gloria con il prezzo del barile schizzato da 60 dollari di inizio 2007 fino ai 140 dollari dei primi di luglio del 2008. Una corsa che ha trasformato l’oro nero in moneta liquida, andata a rimpinguare i bilanci (già ricchi) dei paesi produttori. Da lì il fiorire dei fondi sovrani a nuovi paladini della finanza mondiale (nonostante alcuni di questi fondi sono attivi da più di 30 anni) e lo shopping internazionale compiuto da arabi e asiatici nei mercati di mezzo mondo.

Sorte leggeremente diversa è toccata alla Federazione Russa che da pochi anni ha cominciato ad esportare oligarchi in tutto il mondo (Londra la meta preferita) capaci di comprare squadre di calcio a suon di miliardi o ville faraoniche sulla Costa Azzurra.

Sfortunatamente il quadro della Russia a 18 karati ha coinvolto una piccola elite di oligarchi mentre la diversificazione del rischio di portafoglio tramite l’acquisto di partecipazioni in società quotate è stata meno forte che in altri paesi. Per questo l’economia del paese sta lentamente scivolando in basso insieme al prezzo del greggio, così la Borsa di Mosca.
Proprio ieri l’indice azionario principale, identificato dall’indice RTS, ha toccato i minimi degli ultimi due anni arrivano ai livelli di giungo 2006. Dall’inizio di maggio il medesimo indice ha lasciato sul terreno il 44% del suo valore lasciando aperti nuovi e vecchi interrogativi sul paese guidato da Dmitri Medveded.

Marcus Svedberg
, chief economist di East Capital (società pioniera negli investimenti sul mercato russo) ha detto che il rischio paese è aumentato sensibilmente negli ultimi mesi. Primo la discesa del greggio che mette sotto pressione l’economia del paese, secondo il rischio geopolitico che ha toccato il suo massimo con la guerra lampo con la piccola Georgia.

La sensazione tra i gestori è che il paese sia ormai schiavo dell’oro nero e del gas naturale, mentre sul fronte delle politica economica i problemi siano più accesi che mai. L’economia è vero che continua a crescere a rtimi sostenuti (+7,8% nel 2008 così come confermato dal Ministro dell’Economia) ma l’inflazione non accenna a fermarsi ed entro la fine dell’anno dovrebbe toccare il livello record dell’11,8%.

Andando ad analizzare i primi undici fondi azioanri con esposizione sul mercato russo e presenti nel database di Bluerating.com, le performance dall’inizio dell’anno parlano chiaro.

Il fondo Abn Amro Russia Equity Fund, per esempio, dal primo di gennaio al 5 di settembre  2008 perde oltre 30 punti percentuali, performance che accomuna tutti i primi undici fondi presenti nel database di Bluerating.com.

A questo punto resta da capire se il mercato ha toccato il suo bottom e si appresta a risalire la china. Una domanda simile si potrebbe porre ad altri mercati poco liquidi e dagli equilibri instabili (vedi Cina e India).

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