Consulenti, ecco i portafogli del futuro

Michele Quinto, country head Italy di Franklin Templeton, ha visto in passato più di una rivoluzione tecnologica. Quando iniziò la carriera, agli albori del terzo millennio, era in corso la rivoluzione di internet che ha cambiato la finanza, oltre al mondo intero, e ha permesso a milioni di persone in tutto il globo di allargare l’universo dei propri investimenti. Ora, alle porte c’è un’altra e nuova rivoluzione, quella portata in dote da altre tecnologie emergenti di questi anni ’20 del terzo millennio quali la blockchain e l’intelligenza artificiale. Come cambierà il mondo del risparmio e degli investimenti con queste innovazioni dirompenti che lasceranno il segno nel prossimo decennio?  Quinto lo racconta in questa intervista a BLUERATING, dove delinea anche il nuovo ruolo che dovranno assumere i consulenti finanziari nelle attività di costruzione del portafoglio dei clienti e nella distribuzione di prodotti e servizi d’investimento.

Dunque, dottor Quinto, possiamo dire che ci sono alle porte cambiamenti epocali?

Assolutamente sì. Secondo noi, i driver principali di trasformazione saranno innanzitutto due: la tecnologia blockchain e il processo di tokenizzazione degli asset. La blockchain rappresenta un’innovazione di processo che ha una importanza fondamentale, soprattutto per una ragione: rende più rapide e trasparenti le transazioni, abbattendo i costi per il cliente finale. Su questa innovazione disruptive noi di Franklin Templeton lavoriamo sin dal 2017, quando abbiamo sviluppato un team interno per integrarla nei nostri sistemi. La tokenizzazione, invece, ha un effetto dirompente perché digitalizza gli strumenti finanziari, trasformandoli di fatto in software. È un cambio di prospettiva radicale: un asset digitalizzato è più facilmente frazionabile, scambiabile. Inoltre, su questo stesso asset possono essere costruiti servizi aggiuntivi.

Quali applicazioni concrete avete già realizzato in questo ambito?

Siamo stati i primi a lanciare negli Stati Uniti un fondo monetario tokenizzato su una public blockchain, inizialmente per i dipendenti, poi esteso agli investitori istituzionali e ai privati. L’abbiamo fatto collaborando con la Sec, l’authority statunitense che vigila sui mercati finanziari, costruendo non solo un prodotto ma una vera e propria infrastruttura regolamentata. Oggi siamo a un grado di sviluppo avanzato e abbiamo un team di circa 80 persone dedicato ai digital asset. A febbraio abbiamo replicato il modello in Europa, lanciando in Lussemburgo un fondo tokenizzato sulla blockchain Stellar, in collaborazione con la Cssf, l’autorità di vigilanza del Granducato.

La tokenizzazione potrà modificare anche il modo in cui utilizziamo il denaro?

Sì perché, quando digitalizzi tutto, anche gli strumenti d’investimento diventano cash-like. Puoi per esempio pagare utilizzando gettoni digitali rappresentativi di asset reali, magari tokenizzati a partire da beni fisici come immobili o opere d’arte. Questo porta a una convergenza tra investimenti, sistemi di pagamento e conto corrente. Un domani non avremo più conti separati ma un digital wallet unico dove tutto sarà integrato. Potrai passare in tempo reale da investimenti a liquidità e viceversa.

Possiamo arrivare al punto in cui un bene reale come un’opera d’arte può essere tokenizzata, frazionata e usata come collaterale o addirittura come mezzo di pagamento?

Esattamente. Immaginiamo di possedere il quadro di un grande maestro come Picasso: si potrà tokenizzarlo, suddividerlo in quote sotto forma di asset digitali e vendere queste ultime sulla blockchain. Chi le acquista può tenerle come investimento oppure usarle per altri scopi, per esempio potrà utilizzarle per accedere a servizi o prestare l’opera a un museo. La digitalizzazione permette cioè di semplificare processi come la collateralizzazione, oggi complessi e lunghi, rendendoli quasi istantanei.

Questo porterà anche a un nuovo modo di costruire il portafoglio di un investitore?

Sì, stiamo andando verso un portafoglio emozionale dove, accanto agli asset finanziari tradizionali come l’equity, le obbligazioni e il cash, troveremo asset digitali legati alla vita personale dell’investitore: per esempio Nft connessi a squadre di calcio, diritti musicali, memorabilia digitali. In altre parole, il portafoglio del futuro rifletterà i valori e le passioni individuali, non soltanto gli obiettivi finanziari.

Come cambierà la figura del consulente finanziario per effetto di questi cambiamenti?

Cambierà profondamente. Il consulente non sarà più solo un gestore di portafoglio, ma una sorta di life coach finanziario, capace di orientare i clienti anche nell’uso del wallet, nella creazione di liquidità, nella gestione dei propri asset in chiave integrata. Per farlo, avrà bisogno di molti più dati ed ecco che qui entra in gioco l’intelligenza artificiale. L’IA sarà un co-pilota per il consulente, in grado di fornire in tempo reale insight e personalizzare l’esperienza del cliente.

Quanto lo scenario che ha appena descritto è già realtà e quanto è ancora soltanto una visione futura?

Alcuni cambiamenti sono già in atto. Negli Stati Uniti, per esempio, abbiamo assistito a un’enorme crescita degli Etf e degli Sma (Separate Managed Account) grazie alla domanda di personalizzazione, specialmente tra le nuove generazioni. In Italia e in Europa ci aspettiamo una dinamica simile, anche come evoluzione delle gestioni patrimoniali e della consulenza. Il futuro sarà probabilmente ibrido: ci saranno meno consulenti ma ciascuno avrà più clienti e un patrimonio gestito maggiore, grazie a piattaforme digitali e all’intelligenza artificiale.

Oggi qualcuno parla anche di “etfizzazione” degli asset. Cosa significa?

È un concetto molto legato al mercato americano. Negli Stati Uniti, gli Etf hanno grande successo anche per vantaggi fiscali e per la flessibilità nella costruzione dei portafogli. In Italia e in Europa non c’è lo stesso fenomeno, ma la sostanza non cambia: tra gli investitori c’è sempre di più la ricerca di trasparenza, efficienza e personalizzazione.

Il wallet digitale, quindi, sarà il centro nevralgico di tutto?

Esatto. Il wallet diventerà ciò che lo smartphone è stato per le nostre vite 20 anni fa. Prima avevamo molti device separati: il pc, il telefonino, i dispositivi per ascoltare la musica. Poi sono arrivati i cellulari di nuova generazione che li hanno unificati tutti. Ecco, un processo analogo avverrà nel mondo finanziario. In un unico contenitore digitale potremo gestire il risparmio, i pagamenti, gli investimenti e gli asset reali. Per le nuove generazioni un fenomeno del genere sarà la normalità, mentre per chi ha conosciuto la frammentazione di tutti questi strumenti sarà una rivoluzione.

I mercati regolamentati avranno ancora senso?

Certamente. Le borse continueranno a esistere. Gli asset sottostanti resteranno regolamentati. Quello che cambia è il modo in cui li scambiamo. La tokenizzazione aggiunge efficienza nella parte transazionale, ma non elimina il ruolo delle istituzioni. Anzi, l’Europa è molto avanti sulla regolamentazione del mondo digitale con normative come MiCa e Dora. Oltre alle regole, però, bisogna guardare ai cambiamenti nei comportamenti dei clienti, dove si intravede una maggiore segmentazione a seconda delle generazioni di appartenenza.

In che senso?

Da una parte avremo la generazione dei boomer e la Gen X che entrano nella fase della longevità e inizieranno a pensare a come decumulare il patrimonio accantonato negli anni. Dall’altra parte, ci sono i giovani, che investono in modo completamente diverso: cercano semplicità, community, emulazione. Da qui nasce la polarizzazione tra due modelli di consulenza: uno più tradizionale, uno più esperienziale. Serviranno consulenti capaci di parlare entrambi i linguaggi.

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