Nordea Am: riaffiora la questione dollaro

RINNOVATA SOLIDITA’ – I rischi politici tendono a distrarre dai problemi dei fondamentali sottostanti. Analizzando la recente volatilità dei mercati indotta dalle elezioni, ci si domanda: quali elementi potrebbero intaccare i mercati da una prospettiva più fondamentale? Secondo noi, la rinnovata solidità del dollaro statunitense merita un’attenta osservazione perché potrebbe diventare uno dei fattori di rischio chiave per i mercati con l’avvicinarsi di fine anno, soprattutto perché alcune aree più performanti dei mercati sembrano fuori sincrono rispetto all’apprezzamento del dollaro, spiega un’analisi di Nordea AM. Il deprezzamento del dollaro americano iniziato lo scorso anno aveva gettato le basi per una performance robusta dei mercati azionari nella prima metà del 2016, dato che la debolezza del dollaro genera condizioni finanziarie più accomodanti a sostegno degli asset rischiosi. Dal mese di maggio, tuttavia, abbiamo assistito a un nuovo apprezzamento del dollaro Usa, alimentato dalla crescente probabilità di aumento dei tassi da parte della Fed a dicembre. Il dollaro statunitense aveva registrato +7% dai minimi di maggio prima che il nervosismo per le elezioni penetrasse nei mercati la scorsa settimana. Oltre ai problemi di medio termine che questo potrebbe causare (abbassamento della crescita del Pil Usa il prossimo anno), prevediamo due rischi chiave che hanno la potenzialità di turbare i mercati: un nuovo calo dei prezzi delle materie prime e la ricomparsa dei rischi legati alla valuta cinese. Entrambi i fattori rappresentano gli effetti collaterali del rafforzamento del dollaro.

EFFETTI SU COMMODITY E YUAN – In primo luogo, un dollaro forte solitamente significa materie prime più deboli perché la maggior parte di queste sono denominate in dollari Usa. Di conseguenza, l’apprezzamento del dollaro le rende più care, generando una riduzione della domanda complessiva. Ma dalla scorsa estate a oggi i prezzi delle commodity hanno resistito piuttosto bene e i prezzi del petrolio si sono indeboliti solo di recente (vedi grafico). La solidità delle materie prime negli ultimi mesi ha contribuito a ciò che viene da qualcuno definito come un “cambiamento di regime” delle azioni, cioè la sovraperformance dei settori ciclici. Noi crediamo, tuttavia, che non sia sostenibile la combinazione di un dollaro solido e materie prime solide – uno dei due deve cedere. Questo significa che o si indeboliscono le materie prime oppure è il dollaro a dover perdere terreno. Come mostra il grafico più sotto, il dollaro americano tende a guidare il mercato delle materie prime. Esso indica inoltre i notevoli rischi di ribasso per le materie prime generati dal rafforzamento del dollaro, a cui abbiamo già assistito. In futuro, i rischi di ribasso non diminuiranno, anzi accadrà l’opposto. E questo a causa o dell’aumento dei tassi da parte della Fed, oppure perché il rinnovato indebolimento dell’economia creerà allarme sulla crescita, avvantaggiando il dollaro statunitense grazie alla sua natura di rifugio sicuro. Nel complesso, la probabilità di un ulteriore indebolimento delle commodity da qui ai prossimi mesi è alta. Ciò invertirebbe le cosiddette tendenze di cambiamento di regime che stiamo sperimentando dalla scorsa estate nei mercati azionari, con gli investitori che disinvestono dai settori difensivi per investire nei settori più ciclici. Eserciterebbe inoltre una nuova pressione sui paesi emergenti che producono commodity. “In altre parole, la solidità del dollaro è una minaccia latente per alcune tra le più popolari negoziazioni nei mercati”, afferma Witold Bahrke, senior strategist di Nordea Asset Management. In secondo luogo, il rovescio della medaglia del rafforzamento del dollaro è stato l’indebolimento della valuta cinese, che attualmente scambia al livello più basso dal 2010, rendendo i prodotti cinesi più economici. Dato che la Cina rimane il polo manifatturiero globale, l’indebolimento della sua moneta favorisce le esportazioni ma comporta anche un aumento delle pressioni deflazionistiche a livello globale, che pone fine all’attuale dibattito sulla reflazione, e un rischio di ribasso per gli asset rischiosi e, in particolare, per i mercati emergenti. Inoltre implica l’aumento del rischio di deflusso dei capitali cinesi, provocando quindi un incremento dei rischi finanziari. In conclusione: se il dollaro americano continuerà a salire, i numerosi rischi che hanno innervosito i mercati nel 2015 potrebbero riapparire, anche se in misura minore, dato che il ritmo di rafforzamento del biglietto verde sino a questo momento è stato più contenuto. Se l’apprezzamento del dollaro non si prenderà una pausa, il deja-vu del 2015 potrebbe rovinare la festa dei mercati finanziari di fine anno. “Potrebbe persino impedire alla Fed di alzare i tassi a dicembre, perché un dollaro più forte genera un inasprimento delle condizioni finanziarie, sostituendosi di fatto al compito di stretta monetaria della Fed”, ha aggiunto Bahrke. Occorre tenere d’occhio la questione dollaro, a tutti nota ma volutamente ignorata.

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