Ethenea, parla il capo economista che pronosticò la vittoria di Trump

L’elezione di Donald Trump a presidente degli Usa non è stata una sorpresa per tutti. Tra chi l’aveva considerata probabile c’è Yves Longchamp, head of research presso Ethenea Independent Investors. A Bluerating.com il capo economista spiega le ragioni che l’hanno portato a fare questa previsione, che si è poi rivelata azzeccata.

La vittoria di Trump non era quindi così improbabile. Quali fattori hanno pesato maggiormente?

Uno dei fattori che ha portato Donald Trump, un candidato piuttosto atipico, a vincere le elezioni americane è stato probabilmente l’impopolarità della sua avversaria. Trump difficilmente avrebbe vinto con un candidato come l’attuale presidente Obama, una personalità carismatica che lottava per la speranza. Nonostante fosse probabilmente il candidato con la maggiore esperienza politica che abbia mai corso per la Casa Bianca, la storia della Clinton era piena di passi falsi, come la questione delle email. Un candidato democratico senza una passato politico avrebbe potuto battere Trump. Nelle economie occidentali, la tendenza attuale degli elettori che si mobilitano contro i partiti di governo che si sono preoccupati troppo dell’economia e troppo poco delle persone alla base della piramide è un chiaro svantaggio e Trump sapeva come capitalizzare sui punti deboli del suo avversario, mentre si posizionava al di fuori dell’establishment.

Quanto ha contato l’impoverimento della classe media?

Impoverimento è un termine pesante, tuttavia ci sono alcuni fatti innegabili. Molte persone e famiglie della classe media non hanno potuto beneficiare di un miglioramento del reddito in termini reali fin dagli anni ’80. Perciò da allora non è migliorato né il oro potere d’acquisti né il loro benessere. In questo lasso di tempo, molti lavoratori impiegati in attività manuali nell’industria hanno subito la pressione delle importazioni asiatiche a basso prezzo e dell’automazione guidata dalla rivoluzione digitale. Mentre tardavano a manifestarsi i vantaggi della globalizzazione e dell’aumento dei commerci, gli stati in larga parte non sono riusciti a compensare adeguatamente quelli che restavano vittime del commercio globale. Le disuguaglianze di reddito sono cresciute costantemente negli Usa dagli anni ’80. Senza entrare nei dettagli di come la crisi finanziaria globale, le politiche economiche e i programmi monetari che sono seguiti hanno verosimilmente alleviato questa situazione, il malcontento che ne è scaturito è stato chiaramente uno dei pilastri su cui Trump ha costruito la sua campagna: tra i bianchi americani senza un titolo d’istruzione a livello di college ha battuto la Clinton di ben 39 punti! Mentre è interessante notare che tra gli elettori più poveri Clinton ha ottenuto più consenso di Trump. Il quale ha ottenuto pochi voti in più tra gli elettori con un livello di reddito medio, mentre c’è stata parità tra i votanti ad alto reddito. Guardando questi dati, sarebbe sbagliato pensare a Trump come al candidato della middle class svantaggiata, ma piuttosto come quello dell’uomo bianco rancoroso e poco istruito.

Quali politiche metterà in atto, presumibilmente, la nuova amministrazione per venire incontro alle esigenze degli elettori?

Ritengo che non sia né utile né saggio speculare eccessivamente sulle scelte che potrebbero essere fatte dalla nuova amministrazione. Trump ha moderato i toni su molti temi dopo la sua vittoria elettorale e dubito che farà tutto quello che ha promesso. L’unica promessa elettorale che potrebbe aiutare i suoi sostenitori bianchi sarebbe una riduzione delle tasse per tutte la fasce di reddito. Ma la sua capacità di mantenere fede alle promesse fatte dipende dal sostegno del Partito repubblicano, che ora controlla la Camera e il Senato. Allo stesso tempo è difficile dire quanto una tassa del 45% sulle importazioni dalla Cina, come suggerito da Trump, potrebbe migliorare il tenore di vita degli americani. Perché sono soprattutto i più poveri a beneficiare in maniera più che proporzionale dai prodotti economici d’importazione, dato che spendono in consumi una maggior quota dei loro redditi. E mentre alcuni dei posti di lavoro perduti potrebbero ritornare, molti altri sono diventati esuberi a causa del progresso tecnologico. Aumentare le tasse sulle importazioni non permetterà di riavvolgere il nastro degli ultimi due decenni di sviluppo economico. Invece renderebbe i prodotti importati più cari, danneggiando i consumatori con un livello di reddito medio e la crescita economica. Penso che Donald Trump e il suo staff arriveranno alla stessa conclusione e non daranno seguito a tutte le proposte lanciate durante la campagna elettorale. I mercati sembrano aver già metabolizzato la notizia.

Qual è la sua view per i prossimi mesi?

Il reflation trade che ha preso avvio sui mercato globali, dove le curve dei rendimenti sono cresciute a livello internazionale sulle aspettative di un aumento dell’inflazione americana credo che fosse prematuro. Il mondo oggi non è diverso rispetto a 10 giorni fa e non si vedono forti fattori fondamentali per movimenti dei mercati di questa portata. Innanzitutto, resta da vedere quante delle promesse elettorali di Trump diventeranno realtà e se alla fine produrranno un aumento dell’inflazione. Per ora, il rafforzamento del dollaro e la conseguente stretta delle condizioni finanziarie Usa sono piuttosto deflazionarie. Potremmo essere vicini a una correzione della correzione, ma preferiamo rimanere cauti sui recenti sviluppi.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!