Degroof Petercam: petrolio, l’impatto del taglio della produzione

L’ANNUNCIO A SORPRESA – Alla fine di settembre, l’Opec ha sorpreso il mercato annunciando un taglio della produzione tra 0,7 e 1,2 milioni di barili al giorno, con l’obiettivo di accelerare il ribilanciamento del settore petrolifero, spiega Eros Portillo Spetaliere, Fundamental Equity Buy Side Analyst Oil & Gas, Metals & Mining di Degroof Petercam AM. La scorsa settimana, l’Opec ha infine fornito i dettagli del taglio, sorprendendo per la seconda volta gli osservatori con il raggiungimento di un accordo per diminuire la produzione dell’ammontare massimo annunciato a settembre, rivelando l’impegno dei paesi non membri dell’Opec di ridurre a loro volta la produzione di ulteriori 0,6 milioni di barili al giorno. I complessivi 1,8 milioni di barili di taglio rappresentano una quota piuttosto considerevole e riporteranno, all’inizio dell’anno, in deficit il rapporto tra domanda e offerta. Inizierà di conseguenza il lungo processo di normalizzazione delle scorte globali di petrolio verso la loro media storica. Questo declino nella produzione dei paesi non Opec è stato guidato principalmente da un notevole taglio degli investimenti del 25% sia nel 2015 che nel 2016, con le compagnie impegnate a cercare disperatamente di adattare il loro modello di business ad un contesto di basso prezzo del petrolio e di proteggere e mantenere i loro dividendi senza compromettere troppo i propri bilanci.

INVESTIMENTI FERMI – Il problema è che, fino a questo momento, nel 2017 non è attesa un’accelerazione degli investimenti da parte di produttori convenzionali, vista la loro volontà di investire in progetti con ritorni attesi superiori al 15%, sottolinea l’analista. Inutile dire che la quantità di progetti convenzionali che offrono questo tipo di ritorno sugli investimenti non sono molti in uno scenario di prezzi pari a 50-60 dollari a barile. Ciò significa che nel prossimo futuro le compagnie petrolifere internazionali rimarranno molto selettive rispetto alle loro decisioni di investimento, al fine di evitare gli errori del passato, commessi investendo in progetti meno flessibili sulla base di ipotesi irrealistiche dei prezzi del petrolio (cioè sempre in crescita). A nostro avviso, questa mancanza di investimenti in progetti convenzionali avrà significative implicazioni negative per i produttori non-OPEC e non statunitensi nei prossimi 5 anni (dato che generalmente sono necessari dai 3 ai 5 anni per sviluppare un nuovo giacimento petrolifero). L’assenza di investimenti convenzionali dovrà essere compensata da un significativo aumento della produzione del comparto a breve ciclo (shale oil statunitense) e dalla nuova produzione proveniente dall’OPEC al fine di mantenere l’equilibrio tra domanda e offerta. Oltretutto, noi siamo del parere che lo shale oil non sia così omogeneo (considerato che il breakeven non è lo stesso in tutto il mondo) come molti credono e che il recente calo nel punto di pareggio dello shale sia dovuto in parte a fattori ciclici che dovrebbero riassorbirsi una volta iniziata la ripresa dell’attività (spingendo il prezzo di pareggio più in alto). Ciò detto, siamo dell’avviso che se si vogliono incentivare maggiori investimenti a lungo termine (in progetti convenzionali e di shale), il prezzo del petrolio dovrà aumentare ulteriormente (fattore che potrebbe in parte spiegare il recente cambiamento nella strategia dell’OPEC); rimaniamo quindi positivi in merito al movimento direzionale del prezzo del petrolio per i prossimi anni; questa previsione è simile a quella che abbiamo espresso all’inizio dell’anno.

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