Diment (Aberdeen Am): “Rischi e opportunità del debito emergente”

Di seguito il commento di Brett Diment (nella foto)foto Brett Diment, head of emerging market debt di Aberdeen Am.

Dopo un anno positivo per il debito dei mercati emergenti, la vittoria a sorpresa di Donald Trump alle elezioni presidenziali USA ha comprensibilmente rimescolato le carte. I mercati hanno largamente sottostimato la vittoria del candidato repubblicano, nonostante Trump li avesse avvertiti che le elezioni sarebbero state una “Brexit plus plus plus”.

L’ONDA DI TRUMP – Le prospettive per il debito dei mercati emergenti sono certamente cambiate. L’onda Trump ha provocato un diffuso sell-off sui mercati obbligazionari emergenti, le valute ne hanno risentito e un’ampia dose di incertezza si è riversata sui mercati finanziari in genere. Ma Trump non danneggerà il debito dei mercati emergenti; le economie sottostanti continuano a crescere molto, gli indici manifatturieri sono al rialzo, e in generale le economie emergenti si trovano in condizioni migliori rispetto alle ondate di vendita precedenti. Eppure, finché non si saprà esattamente come sarà la presidenza Trump e quali politiche verranno adottate veramente, è difficile valutare cosa riserva il futuro. Gli investimenti nei mercati emergenti restano esposti alla volatilità dei tassi nel breve termine mentre i mercati assorbiranno e reagiranno all’aumento dei rendimenti dei Treasuries che sono saliti molto. Le valutazioni sembrano interessanti dopo l’ondata di vendite post-elettorale, sebbene tali dinamiche riflettano l’incertezza generale, soprattutto sulle politiche commerciali. Ma col tempo le acque si calmeranno e lo stesso potrebbe valere per la retorica aggressiva di Trump, ora che ha raggiunto il suo obiettivo.

TRUMP CANDIDATO VS TRUMP PRESIDENTE – È stato incoraggiante ascoltare i toni concilianti di Trump nel suo primo discorso dopo le elezioni. In quell’occasione ha dichiarato che manterrà alcune parti dell’Obamacare, non sostituirà il presidente della Federal Reserve Janet Yellen prima della fine del suo mandato nel 2018 e, secondo uno dei suoi consulenti economici, non imporrà dazi doganali consistenti. Inoltre, Trump ha dichiarato personalmente di fronte a Obama che riconoscerà la NATO. Anche la scelta del capo dello staff presidenziale è apparsa ragionevole, essendo ricaduta su un funzionario che può lavorare con il Congresso e il Senato. Nonostante i primi segnali siano più rassicuranti di quanto i media sembravano annunciare, si intravedono anche i lampi di un “hard Trump”. Mentre non si è ancora parlato del muro con il Messico, il neo presidente si è impegnato ad annullare il TPP (Trans-Pacific Partnership), eredità di Obama, il primo giorno del mandato. La reazione dei partner è stata di preoccupazione e frustrazione, in particolare Shinzo Abe ha dichiarato dal Giappone che il TPP “non ha senso senza la partecipazione degli Stati Uniti”.

NON RUOTA TTTO ATTORNO AL NEO-PRESIDENTE – I titoli dei giornali – “Trump Slump”, “EMD Trumped” – sembrano attribuire a Trump il declino del debito dei mercati emergenti come asset class. Ma la realtà è ben diversa. I catalizzatori dei mercati emergenti restano intatti e la crescita economica continuerà anche il prossimo anno. Gli spread sull’indice dei titoli sovrani in valuta forte sono di circa 100 punti base più alti rispetto al periodo prima del tapering alla metà del 2013, pertanto ci aspettiamo un rinnovato interesse per i rendimenti degli asset dei mercati emergenti una volta che rientreranno i rischi esogeni.

Le valute dei mercati emergenti hanno riportato ampie correzioni a causa del rallentamento della crescita e di un dollaro USA che continua a essere forte da circa cinque anni. La debolezza delle valute riduce dunque le probabilità di un taglio dei tassi d’interesse nell’immediato ma non dovrebbe far deragliare del tutto le prospettive di tagli ai tassi in Brasile, Argentina e Russia. Infatti, ci sono segnali di schiarita nei rapporti tra la Russia e gli Stati Uniti. Per Paesi come il Brasile e l’India, che hanno registrato un deciso calo del disavanzo delle partite correnti e un miglioramento del finanziamento del deficit dopo il periodo in cui erano annoverati fra i “Fragile Five” nel 2013, l’impatto delle politiche commerciali promosse da Trump nei confronti del Messico e della Cina sarà minimo. Ne consegue che la persistente debolezza delle valute, soprattutto per le monete che potrebbero ingiustamente risentire di una guerra commerciale voluta da Trump, dovrebbe offrire interessanti opportunità d’investimento.

I RISCHI – Permangono comunque una serie di rischi. Le valute potrebbero subire un altro duro colpo se Trump convincesse il Tesoro USA a etichettare la Cina come un manipolatore di valuta. Questo potrebbe spingere le autorità cinesi verso un tasso di cambio maggiormente determinato dal mercato, con un inevitabile indebolimento della moneta. La crescita economica in Cina sarà un altro driver importante. Per il momento è stabile e dovrebbe restare tale fino al Congresso del Partito a ottobre 2017. Occorre monitorare attentamente la decisione di Trump di imporre dazi doganali al Paese, tuttavia, qualora lo facesse, probabilmente sarebbero inferiori al 45% ventilato in campagna elettorale.

CONSIDERAZIONI FINALI – Già in passato il debito dei mercati emergenti ha subìto una serie di shock: sopravvivrà anche a questa fase di turbolenza, benché si preannunci di lunga durata. Nel mese di dicembre, l’incontro del Federal Open Market Committee coincide con il consueto rallentamento degli scambi che si registra verso la fine dell’anno. Questi fattori, oltre all’incertezza collegata alla presidenza Trump, potrebbero attenuare la propensione al rischio nelle prossime settimane. Saremo sempre pronti a cogliere nuovi sviluppi, ma non va dimenticato che in questa fase di volatilità emergerà qualche buona opportunità d’investimento.

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