Bmo: un anno di prosperità per il Giappone

Di seguito l’outlook del team multi-asset di Bmo Global Asset Management che ha masse in gestione per oltre 50 miliardi di euro.

LA TRUMPNOMICS – Gennaio è stato il mese dell’insediamento di Trump ed è molto probabile che le nuove decisioni dell’amministrazione USA domineranno le prime pagine dei giornali via via che verranno svelate. Questo significa, innanzitutto, che tutti gli occhi sono puntati sull’economia USA: dove le aspettative sulla crescita e su tassi più alti sono aumentate. Tuttavia, ci sono altre aree, come il Giappone, dove sono riscontrabili buone ragioni per credere che il 2017 sarà un anno di prosperità. I sostenitori di Tokyo evidenziano come quello giapponese sia stato l’unico dei principali mercati sviluppati ad aver subito una correzione nel 2016, sostenendo il caso a favore delle valutazioni interessanti, e fanno anche notare come le revisioni sugli utili siano sostanziali. Le prospettive di lungo periodo in tema di corporate governance continuano a migliorare, così come sembrano evidenti le politiche favorevoli agli azionisti e il maggior dinamismo economico. Nonostante questo, il Giappone dovrebbe rimanere un mezzo per avere esposizione allo yen nel 2017.

IL RUOLO DELLA VALUTA – Lo yen, infatti, continua a giocare un ruolo fondamentale. La Banca del Giappone si è impegnata a mantenere un obiettivo di rendimenti (mirando a un tasso allo 0% sui titoli di Stato decennali) che implica in presenza di politiche monetarie restrittive in altri Paesi un possibile indebolimento dello Yen. Se ciò dovesse accadere, allora le prospettive sugli utili per il mercato in Giappone saranno buone. Così come per molte altre analisi, tuttavia, molto dipende dalla direzione dei rendimenti dei titoli di Stato statunitensi, che probabilmente avrà un impatto sui rendimenti delle asset class, dei settori e degli stili anche nel 2017. Valutazioni interessanti e prospettive di crescita in miglioramento danno fiducia agli investitori anche sui mercati emergenti. A questo proposito, tali mercati saranno fortemente influenzati da ciò che accadrà negli USA nei prossimi trimestri. Sebbene l’aumento dei tassi, dei rendimenti obbligazionari e del dollaro non sia favorevole ai mercati emergenti, questi conservano valutazioni molto interessanti e tassi di crescita migliori rispetto ai mercati sviluppati. In più, molte aree importanti, incluse la Russia e il Brasile stanno uscendo dalla recessione e c’è spazio per un allentamento delle politiche monetarie domestiche in varie aree. A patto che i rendimenti salgano solo in maniera modesta e che la forza del dollaro non sia eccessiva, ci sono le basi per credere che la performance dei mercati emergenti sarà migliore in termini relativi nel 2017. Tuttavia, Trump rappresenta un rischio per questo scenario: in questo senso, la sua posizione sulla Cina resta cruciale.

PUNTO DI SVOLTA – Adottando una prospettiva di lungo periodo, accettare il 2016 come prova di un punto di svolta fondamentale nelle politiche delle economie sviluppate, verso una minor globalizzazione e un mondo più protezionista, suggerisce che le prospettive fondamentali per le economie emergenti si possano deteriorare. Solo il tempo dirà quanto significativa possa essere questa mossa, ma più populismo e più nazionalismo nelle economie sviluppate suggeriscono che alcuni percorsi di crescita per i mercati emergenti siano più ardui. Per quei Paesi in via di sviluppo, significativi sviluppi tecnologici e cambiamenti nel contesto politico dell’Occidente potrebbero alterare in maniera sostanziale il loro vantaggio competitivo che, fino a questo punto, è stato basato su manodopera e mezzi di produzione a basso costo.

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