Real Estate, veloci con le dismissioni pubbliche

Il trend mi sembra migliore rispetto a quello dell’anno scorso, ci dice Leo Civelli, chief executive officer di Real Estate Advisory Group durante una pausa dei lavori dell’Eire, l’Expo Italia Real Estate, alla Fiera di Milano. “Forse perché c’è meno strada da percorrere per uscire fuori dal tunnel. Percepisco un ottimismo più o meno diffuso, ma se consideriamo il mercato in termini generali, ritengo che i tempi di svolta siano ancora lunghi”.
 
A capo di una società di consulenza, Civelli si trova sicuramente in un osservatorio privilegiato. “Un rallentamento è dipeso dall’Imu. Non è ancora chiaro quale impatto avrà sui valori e a quanto di fatto ammonterà. Quello che abbiamo visto finora è che nell’attesa le transazioni hanno subito un blocco pressoché ovunque. Tenga conto che il 75%-80% del mercato in Italia è residenziale”. La sensazione è che l’imposta abbia inibito un accenno di ripresa in un momento in cui il mattone avrebbe invece potuto recuperare quota come bene rifugio. E tornare ad attrarre gli investimenti dei risparmiatori italiani che anche nella crisi restano più liquidi di altri in Europa. Civelli per ora sospende il giudizio sull’imposta con un tono tutto sommato positivo. “Fatta chiarezza, si riprenderà a investire”.
 
Poi si concentra sul delicato tema degli investitori esteri. “Si tengono lontani, specialmente quelli europei, date le revisioni al ribasso dei giudizi sull’affidabilità del nostro Paese da parte delle agenzie di rating. In più, la redditività immobiliare non è salita. E poi ci sono i timori sull’euro. In questo momento si preferiscono piazze più liquide, come quella inglese, dove la valuta è diversa e non c’è il problema del cambio”. Il mercato italiano è ancora in fase di assestamento per quanto riguarda le quotazioni, e questo vale soprattutto per le periferie. Civelli conferma che da questo processo si è tenuto lontano il centro città, “anche perché qui i volumi sono contenuti”.
 
Uno dei temi dell’Eire, quest’anno, è l’articolo 27 del decreto salva Italia, che riguarda la valorizzazione del patrimonio pubblico. “Speriamo che subisca un’accelerazione”, è l’augurio del manager, “questo farebbe bene al mercato e ai servizi”. I tempi previsti però sono lunghi, perché c’è da censire tutto il patrimonio e da valutarlo correttamente. Non sarà una passeggiata. Soprattutto in un Paese come l’Italia, che tra vincoli, piani del territorio e destinazioni d’uso continua a scoraggiare i potenziali investitori. Forse la gestione urbanistica andrebbe trasferita dai comuni a un livello centrale, è una delle ipotesi che emergono nel corso della conversazione. Si conferma comunque che più che le calamità naturali – che con le giuste e doverose precauzioni si possono sempre gestire – a scoraggiare i grandi portafogli esteri sia la selva aspra e dura delle regole e dei vincoli, che peraltro troppo spesso cambiano in corsa.
 
“Una delle vie d’uscita per il settore in Italia”, segnala Civelli, “potrebbe essere il turistico, a patto che il pubblico si tenga lontano dell’investimento diretto”. La buona notizia, secondo quanto emerge dalla conversazione con Civelli, è che l’Italia all’estero non è percepita come la Spagna. Problemi reputazionali ce ne sono ma, chiarisce il ceo, “il rating è diverso. Quello che sta succedendo in Spagna è in sostanza l’ultimo atto di anni di economia ‘drogata’ dai finanziamenti della comunità europea”. Staremo a vedere.

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