Callan – Lehman Brothers: il matrimonio dura nove mesi

Nel muscoloso mondo di Wall Street si contano sulle dita di una mano le donne che hanno raggiunto una carica di prestigio. Tra queste ancora meno sono quelle riuscite a farlo nella giungla delle grandi investment bank.

Una di loro è sicuramente la biondissima Erin Callan (nella foto), la 42enne chief financial officer di Lehman Brothers già divenuta una delle cinquanta donne più potenti al mondo.

Classica ed elegante, come la descrive la sua personal shopper ai grandi magazzini Bergdorf Goodman, Erin non ha origini nobili (è figlia di un’ufficiale del distretto di Polizia della città di New York, ndr) né proviene da grandi scuole di finanza.

Anzi. Completamente a “dieta” di finanza, Erin trascorre la prima parte della sua carriera nello studio legale Simpson Thatcher & Bartlett dove si occupa di tasse e dichiarazioni dei redditi. Proprio durante il suo lavoro da esperta contabile si “imbatte” in alcuni progetti che coinvolgono i clienti di Lehman Brothers stringendo in questo modo i primi contatti con la banca.

Nel 1995 entra in Lehman Brothers e cinque anni più tardi è già managing director del gruppo. Da allora la Callan assume incarichi su incarichi a partire da responsabile della divisione fusioni e acquisizioni (segue con successo il takeover da 10,6 miliardi di dollari tra Pillsbury e General Mills).

Dopo questo incarico, nel maggio del 2006, Erin viene scelta come responsabile dello sviluppo delle attività legate al mondo degli hedge fund. In questa veste la Callan diventa così il trait d’union tra Lehman Brothers e l’industria hedge che proprio in quegli anni conosce il suo momento migliore. Erin riesce a stringere rapporti importanti con alcuni degli esponenti più influenti dell’universo hedge come Ken Griffin di Citadel Investment, Steve Cohen di S.A.C Capital


Non solo, sull’onda della febbre da Ipo che ha interessato tutto il settore dell’asset management, la Callan riesce a portare in Borsa colossi come il fondo di private equity Blackstone, la società hedge Fortress Investment Group e Och – Ziff Management Group.

Questo ultimo incarico (che frutta a Lehman Brothers milioni e milioni di dollari in commissioni) non fa che aumentare il prestigio e la visibilità della Callan agli occhi di Richard Fuld, presidente e ceo della banca. Finalmente, nel settembre del 2007, arriva la nomina a chief financial officer.

Il caso vuole però che l’investitura della Callan coincida con uno dei momenti peggiori per la banca di investimento fondata nel 1850 e costretta ad affrontare la crisi dei subprime e lo spauracchio di default sulle orme di Bear Stearns. Per questo motivo, fin dal giorno della sua nomina, la Callan preferisce adottare uno stile nuovo verso il mercato e gli investitori: un approccio franco e aperto supportato da apparizioni televisive alla CNBC (si trovava proprio in una trasmissione televisiva quando venne annunciata la vendita di Bear Stearns a JP Morgan per 2 dollari ad azione) e frequenti incontri con giornalisti e investitori.

Uno stile diversissimo da qualsiasi manager della Grande Mela, più propensi a un atteggiamento “low profile” come quello di David Viniar, stimatissimo cfo di Wall Street in forza a Goldman Sachs, che in 15 anni da cfo non ha mai fatto un’apparizione televisiva ne tanto meno rilasciato alcuna intervista.

Ora però la bionda d’acciaio dovrà dimostrare tutto il suo carattere e riuscire dove altri sono caduti. Ma in questo difficile compito, la Callan sembra aver trovato un alleato illustre: Meredith Whitney, analista di Oppenheimer & Co e terrore di banche e società finanziarie di Wall Street. Erin Callan «è riuscita a portare la società fuori da un limbo, dando maggior trasparenza sugli utili, il business e la strategia di Lehman – ha detto Whitney – fino a che le cose andranno nella direzione giusta, la Callan continuerà a rafforzare la propria reputazione tra gli investitori».

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