L’istituto tedesco, gli arabi e l’azzardo

A prima vista sembrava una decisione incomprensibile: perché Deutsche Bank, dopo dieci anni di perdite miliardarie, ha deciso di uscire proprio ora dal business dei casinòs di Las Vegas? L’istituto ha accettato un’offerta di Blackstone di 1,73 miliardi di dollari per il Cosmopolitan, uno dei giganti della città del Nevada, forte di 3.300 stanze oltre che di sale da gioco e di un immenso palcoscenico. Un ottimo affare per i private equity, se si pensa alle previsioni di ripresa per i business di Las Vegas, dopo gli anni di magra della crisi che hanno coinciso con la gestione di Deutsche Bank.

Nel corso della sua avventura ai tavoli da gioco, eredità della stagione dei subprime generosamente finanziati dalla banca tedesca, Deutsche Bank ha accusato perdite colossali: 4,3 miliardi fino al 2011, cifra peraltro non lontana dall’intera esposizione alla “periferia” d’Europa (5,1 miliardi all’epoca). Insomma, un disastro. Ma i tedeschi, si sa, hanno la testa dura. Deutsche Bank, con ostinazione germanica, ha tenuto duro, nonostante le difficoltà ambientali, compresa la guerra fredda del sindacato dei croupier, Unite Here, entrato subito in conflitto con i banchieri di Francoforte.

Poi, quasi all’improvviso, a metà maggio, l’istituto ha fatto marcia indietro, proprio quando era legittimo sperare in un miglioramento dei conti. Perché? Certo, la cessione permette a Deutsche Bank di migliorare di 5 bp il suo ratio ai fini di Basilea 3. Inoltre, la nuova immagine di Deutsche Bank, promessa dai nuovi vertici, mal si adatta al profilo di banca del gioco d’azzardo, già nel ciclone per le inchieste sul Libor e sul mercato dei cambi.

Ma la vera ragione è emersa con la notizia che il Qatar sosterrà con 1,7 miliardi di euro l’operazione sul capitale da 8 miliardi necessaria per rimettere in carreggiata l’ammiraglia della finanza tedesca. Ai gestori del fondo sovrano del gigante del Golfo, grande socio di Volkswagen, non piace partecipare a imprese in attività vietate dalla legge islamica, come il gioco d’azzardo. Di qui, l’addio a Las Vegas.

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