Agnelli, un Avvocato che ha fatto notizia

I giornali italiani hanno dedicato lunghi articoli all’avvocato Giovanni Agnelli nel decimo anniversario della morte. Come era giusto e doveroso in occasione del ricordo di un grande italiano del secolo scorso. Il Financial Times, una delle prime letture mattutine dell’Avvocato, ha invece pubblicato una serie di analisi sulla nuova/vecchia Fiat per cercare di rispondere alla domanda: riuscirà Sergio Marchionne ad alzare il livello di qualità percepita dal mercato quando si parla di Fiat? In testa alla pagina spiccava una grande foto de “La dolce Vita”: Mastroianni in dolce compagnia alla guida di una Spider. Era l’Italia che piaceva all’Avvocato, quell’immagine che può permetterci di recuperare qualche posizione nel mondo, dove ormai si parla di Italia solo per farsi quattro risate. O per ironizzare su sentenze creative, come la condanna dei sismologi a L’Aquila piuttosto che altre pittoresche prese di posizione di toghe pronte a cavalcare la politica.

Ecco, credo che si debba partire da qui per inquadrare la figura di Gianni Agnelli: un manager pieno di difetti a cui si può, anzi si deve, rimproverare la mancanza di coraggio nelle strategie internazionali così come la commistione, perversa, tra interessi della politica e della Fiat. Una ricerca di scorciatoie che alla fine ha lasciato la Fiat al palo. I numeri non mentono. Non dimentichiamoci che agli inizi degli anni Novanta la Fiat vantava in Europa una quota pari a quella di Volkswagen. Entrambe le case affrontarono a quel punto un passaggio cruciale: la casa tedesca, ferita dallo scandalo sui cambi e da una difficile staffetta interna, seppe trovare le forze per reagire anche con il sostegno leale del sindacato e dell’azionista pubblico (lo stato della Sassonia) che pure stentava a capire perché l’azienda volesse costruire attorno a Wolfsburg una cittadella dell’auto che è oggi la seconda meta turistica tedesca. La scelta si rivelò vincente.

La Fiat, al contrario, proprio allora rinunciò ad assumere, come voleva Umberto Agnelli, l’ingegner Hahn, ex di Volkswagen. Per l’ennesima volta l’Avvocato si piegò ai voleri di Mediobanca. Di lì sono seguite tante scelte sbagliate: diversificare nella finanza, nelle costruzioni e pure nella moda, come volle Cesare Romiti. Cercare il salvataggio con un’opzione salvagente a favore di General Motors. La ricerca difficile di Umberto, succeduto all’Avvocato, che prima di arrivare a Marchionne fece l’infelice scelta di appoggiarsi a Giuseppe Morchio, manager che si sentiva già padrone. Adesso la Fiat è altra cosa. Può non piacere, ma l’alternativa era il fallimento. Oppure l’Alitalia, dove guadagnano partiti, periti, consulenti, sindacalisti e qualche banchiere ma ci rimettono elettori e contribuenti. Meditino quei politici che sognano investitori stranieri più comprensivi nei confronti delle proposte di sviluppo della Fiom.

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