L’ingordigia espone a molti pericoli

Mi è capitato più volte che mi fossero richiesti pareri su investimenti di volta in volta “di moda”. Al momento della domanda non ho mai figurato al meglio, manifestando rari entusiasmi. In taluni casi (cito l’Islanda nel 2006/2007) ho registrato anche commenti ironici sulle mie qualità professionali, salvo recuperare (nel 2008). “Non investire” era letto come un’anomalia di fronte all’evidente convenienza: Argentina, Tiscali, Seat PG, sono alcuni casi per i quali oggi la perdita sfiora il 100%. Peraltro, la stessa passione ha animato il sistema bancario, che ha finanziato abbondantemente e sotto due profili, attraverso credito ordinario e accreditando rilevanti operazioni di private equity.

A questo riguardo, sottopongo al lettore l’anomalia lessicale di un’operazione equity finanziata con debito che ha condizionato per sempre l’ebitda della società target. Non ci si può stupire se il nostro mercato azionario risulta marginale rispetto al Pil e poco interessante per investitori stranieri e istituzionali. Sarebbe invece opportuno l’esatto contrario, in modo da rendere più difficile e meno prospetticamente redditizio l’operato dei soggetti più speculatori. Non è facile peraltro risultare, in quei momenti, convincenti.

Meglio pensare invece a un provvedimento normativo che renda più difficile ex ante l’operato di soci e manager che usano la loro società per configurare operazioni di personale convenienza. Il codice penale, quello civile nei suoi contorni generali (articolo 2391) e la direttiva sul market abuse operano ex post, ma in modo non sufficiente, alla luce degli eventi ricordati. Altrettanto utile sarà diffidare di operazioni che vedano il coinvolgimento di controparti non note o localizzate in Paesi dalla normativa non armonizzata o uniforme. Infine, le redditività alte sono attraenti, ma non congrue. Il problema, oggi affrontato ma non somatizzato, è anche quello dell’educazione finanziaria basata su conoscenza e comprensione. Già nelle scuole, quindi per tutti.

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