Mercato automobilistico europeo a marcia indietro

MERCATO IN CRISI – Le case automobilistiche francesi Peugeot e Renault hanno da poco pubblicato i bilanci per l’esercizio 2012. A giudicare dalla svalutazione annunciata venerdì scorso da Peugeot SA per un onere non monetario di 4,7 miliardi di euro, le prospettive della società – e di alcune concorrenti europee – sono ancora scoraggianti. Lo rileva un report sul settore di Stefan Isaacs, M&G european corporate bond, che ricorda che “l’eccesso di capacità produttiva e la generale incertezza economica hanno fatto scendere i tassi di utilizzo di vari stabilimenti al di sotto della soglia di redditività. Si continua a bruciare liquidità e i corsi azionari, come prevedibile, ne soffrono”.

LA RISTRUTTURAZIONE – Aziende come Peugeot, Fiat e Renault avrebbero urgente bisogno di una ristrutturazione. Le immatricolazioni di veicoli leggeri europei sono in calo per il quinto anno consecutivo, e nel caso di Italia e Spagna risultano quasi dimezzate rispetto ai livelli pre-crisi. I margini di profitto sulle auto compatte sono risicati. Peugeot, Fiat e Renault si vedono sottrarre quote di mercato dalle più blasonate Bmw, Vw e Daimler (investment grade).

IL CONFRONTO USA – Schiacciate da una montagna di debiti, Peugeot, Fiat e Renault si trovano in una situazione non molto diversa da quella dei giganti dell’auto americani nel 2008/2009. “Alcuni anni fa”, sottolinea ancora il manager, “Gm, Ford e Chrysler sono riuscite, anche tramite il ricorso a procedure fallimentari, a ristrutturare, tagliando la capacità produttiva, riducendo il debito eccessivo e rinegoziando onerosi accordi sindacali, per poi tornare in utile, sia pure a livelli di produzione decisamente inferiori a quelli pre-crisi”.

AIUTI STATALI – A oltre cinque anni dallo scoppio della crisi finanziaria, le aziende non sono ancora riuscite a ridimensionare le attività, dovendo far fronte a ingenti pressioni politiche e forti resistenze contro il taglio di posti di lavoro. “Ironicamente, se oggi Peugeot deve ricorrere agli aiuti di Stato, è proprio a causa della stessa ingerenza statale che ha ostacolato il cambiamento in Europa. Ma non si può rimandare all’infinito: bisogna prendere delle decisioni, per quanto difficili. Altrimenti, si continuerà ad accumulare perdite e bruciare liquidità. E gli investitori, probabilmente, preferiranno far credito ai produttori Usa anziché a quelli europei”, ha concluso Isaacs.
 

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