Non solo Cina. I Paesi emergenti oggi parlano tante lingue e sono dislocati in giro per il mondo: dall’Ucraina alla Russia, dall’Egitto al Marocco, dal Messico alla Turchia. Jean- Luis Scandella, gestore del fondo Growth Emerging Markets Flex di Comgest AM, racconta a soldi&bluerating la sua visione.
Cosa mettere in portafoglio se si vuole prendere un po’ di rischio?
L’equity dei Paesi emergenti nel 2013 dovrebbe ritornare interessante, ma a un investitore retail suggerisco di non salire oltre al 10% in un portafoglio diversificato. Sono interessanti le società che fanno base nei mercati emergenti o che hanno questi come principale mercato di riferimento. Devono inoltre avere una storia di crescita importante su utili per azione e return on equity.
Qualche esempio?
I beni di consumo non ciclici sono in cima alla lista. Seguono tecnologia, tlc e finanziari. Le nostre maggiori posizioni sono Taiwan Semiconductor Manufacturing, Heineken, Tenaris, Wal-Mart de Mexico, China Life Insurance e la società di agribusiness Bunge. A livello geografico, il comparto è molto esposto su Brasile, Africa, Corea, Russia, Messico, Olanda, Argentina e Turchia. Per esempio, la maggiore banca keniota Safaricom è una storia molto interessante.
Le caratteristiche delle aziende che selezionate?
In genere, hanno una capitalizzazione di almeno un miliardo di dollari, uno stato patrimoniale solido e pochi debiti (crescita dell’eps superiore al 10% e roe oltre il 15%). Cerchiamo società con business distintivi e replicabili e con capacità di crescita organica, tendenzialmente leader di settore, con alte barriere all’ingresso e dimensioni globali con una base diversificata di vendite, linee di prodotti e mercati.