Dopo Cipro potrebbe toccare alla Slovenia

È una Pasqua al calor bianco quella che si sta avvicinando. Per risparmiatori e investitori il cielo è come quello del Mare del Nord: nuvole, sereno, nuvole ancora e pioggia. La crisi di Cipro si è formalmente conclusa ma, al momento in cui scriviamo, non è possibile trarre un bilancio definitivo.

Intanto si può osservare che l’accordo sul salvataggio di Cipro è il migliore possibile perché preserva gli interessi dei più deboli (ossia i titolari dei depositi sotto i 100mila euro) e fa pagare il conto ai “cattivi” di turno: le banche che hanno speculato sui bond greci e i maxidepositi dalle origini spesso discutibili. Il prelievo sui maxiconti consente di colpire, seppure random, persino gli evasori fiscali, visto che Cipro è uno dei paradisi prediletti per le fortune degli oligarchi russi e delle loro corti.

Il problema è che non si può prevedere la reazione di correntisti e investitori, soprattutto esteri, che potrebbero smobilizzare conti e investimenti. Di certo è la prima volta che l’Europa del rigore sembra avere un comportamento socialmente responsabile: fa pagare la crisi ai ricchi salvando in qualche modo i meno abbienti e la piccola borghesia. Cosa che non è accaduta in Grecia e nemmeno in Italia, dove la cura-Monti ha colpito soprattutto la piccola borghesia (che di fatto è scomparsa) e i lavoratori dipendenti.

In Italia un provvedimento alla cipriota colpirebbe tra i 3 e i 4 milioni di persone, meno del 10% della popolazione. Ma non accadrà. Chi rischia, semmai, è la Slovenia. Molti osservatori ritengono che potrà essere il prossimo Paese dell’eurozona a dover chiedere aiuti internazionali per salvare il sistema bancario. Tra le soluzioni c’è proprio quella di creare una “bad bank” come a Cipro. E poi a chi toccherà?

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