Le soluzioni per aiutare le banche a rialzarsi

La crisi dev’essere davvero molto grave se, come mi capita ormai da mesi, perfino il sottoscritto deve scendere in campo a difesa del sistema bancario. Per carità, resto dell’opinione che, almeno in parte, la situazione d’emergenza sia diretta conseguenza di un atteggiamento sbagliato da parte delle banche, che hanno privilegiato la protezione dei grandi clienti all’attività di credito nei confronti delle piccole e medie imprese, che sono il sostegno più solido ai loro profitti. Ma non è tempo, oggi, per intentare processi al passato: le banche sono infatti nell’occhio del ciclone, come è inevitabile al sesto anno di una crisi terribile in cui sono stati persi 6 punti di prodotto interno lordo.

Pochi numeri bastano per descrivere la situazione: la quota dei prestiti deteriorati eccede il 12,5% dell’attivo bancario, ovvero il doppio del 2008; il totale dei crediti deteriorati, al netto degli accantonamenti, è pari all’80% del capitale di rischio. Le rettifiche di bilancio per il deterioramento del credito ammonta, nei conti delle prime dieci banche, a 20,8 miliardi, il 50% in più di un anno fa. Eppure, come ha calcolato Mediobanca, per rafforzare il patrimonio il sistema avrebbe bisogno di altri 21 miliardi.

Anche perché, ultima tegola, arriva il tema della valutazione degli immobili. Banca d’Italia ha chiesto al sistema bancario di rivedere i valori di carico del patrimonio immobiliare alla luce dei prezzi di mercato. Ovvero di praticare un taglio, attorno al 50%, su buona parte degli immobili in garanzia, a fronte dei prestiti. Non è difficile immaginare le conseguenze di un’operazione del genere. In condizioni normali, si potrebbe ipotizzare una raffica di aumenti di capitale. Oggi l’operazione appare quasi impossibile, a meno di non cedere il controllo, a prezzi stracciati, a qualche operatore internazionale.

Il rischio è di dover prendere in considerazione l’ipotesi della “bad bank”, ovvero scaricare le partite incagliate in istituti costituiti apposta. Il solito giro che non risolve il problema. È il caso, prima che sia troppo tardi, di affrontare il rischio sistemico? E in che modo? La soluzione più praticabile passa, a mio avviso, per una moratoria generalizzata: congelare il valore degli immobili per un periodo predefinito, con l’obiettivo di liquidare (o cartolarizzare) le posizioni più esposte in modo graduale nel tempo.

L’altra via maestra è l’adeguamento delle garanzie, laddove possibile. Mi rendo conto che entrambe le soluzioni presentano inconvenienti. Chi valuterà i valori “attuali” degli immobili? Gli stessi periti che in questi anni hanno certificato ogni tipo di richiesta da parte dei manager delle banche? E con quali credibilità? Inoltre sarà necessario far digerire la moratoria all’Unione europea e al Fondo monetario, che ha già fatto pressioni perché siano rivisti i valori degli immobili. Proprio per questo, mi sento di rispondere, è importante muoversi il più in fretta possibile per evitare che l’emergenza ci crolli addosso. Facendo presente ai partner europei che la loro situazione, salvo rare eccezioni, non è poi tanto più solida.

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