La turbolenza dei mercati è così forte che rischiano di passare sotto silenzio notizie da prima pagina. Tipo le perdite 2012 del Monte dei Paschi. Numeri da Guinness dei primati: negli ultimi dodici mesi, la banca ha accumulato perdite per oltre 3 miliardi, di cui 1,6 da attribuire all’emersione di accantonamenti di crediti “difficili”. Nel giro di due anni la banca ha accumulato un “buco” di oltre 7 miliardi. Ricordiamo che l’operazione Antonveneta, la prima origine dei guai del Monte, ha comportato l’esborso di poco più di 9 miliardi.
Insomma, a giudicare dalle cifre, non solo Mps ha pagato caro, ma l’integrazione con l’istituto di Padova non ha portato il minimo vantaggio industriale, anzi. Fa tenerezza, di fronte a questi numeri, l’ottimismo della coppia di comando Profumo-Viola. Sono d’accordo con loro: d’ora in poi sarà difficile fare di peggio. Peccato che non si possa dire lo stesso per quel che riguarda la navicella Italia.
La crisi cipriota, snobbata un po’ da tutti, è stata percepita dall’opinione pubblica come un formidabile acceleratore della crisi generale dell’area euro. Non stupisce, in questa cornice, l’assoluta indifferenza con cui i mercati hanno accolto il giudizio positivo del Fondo monetario internazionale sullo stato di salute delle banche italiane. Ormai i mercati guardano con assoluto scetticismo ai giudizi di questi organismi, sempre in ritardo, se non peggio.
Basti pensare che non più tardi di un anno fa l’Eba, cioè la European banking association, che dovrebbe rappresentare il primo nucleo dell’attività di controllo sullo stato di salute delle banche del Vecchio Continente, aveva promosso a pieni voti gli istituti di Cipro. Eppure, non ci voleva un premio Nobel per capire che quegli istituti, che avevano perso più del 40% del patrimonio con la svalutazione dei titoli greci, erano destinati a fallire. A questo punto della crisi, più dei numeri conta la sfiducia dilagante. Da due mesi si riduce l’ammontare dei conti correnti spagnoli.
In Italia, al contrario, la diga tiene grazie agli sforzi eroici delle famiglie, che tra pochi giorni saranno chiamate a sottoscrivere il terzo Btp Italia. Ma per quanto altro tempo ancora? Sarebbe importante sentire la presenza di una classe dirigente, il governo ma non solo, capace di ispirare fiducia. Al contrario, l’Italia ha assistito in silenzio all’evoluzione della crisi di Cipro nonostante il nostro Paese sia impegnato, nel quadro del sistema di intervento comune europeo, a partecipare al prestito per 750 milioni, assai di più di quanto verseranno Paesi che ogni giorno puntano il dito contro le “cicale del Mediterraneo”.
Non si è levata una voce di protesta nemmeno quando il presidente dell’eurogruppo, Jeroem Dijssembloem, ha raccontato alle agenzie che d’ora in poi ciascun Paese deve pensare a salvare da sé le banche in crisi, senza far affidamento sul famoso scudo della Bce. Tutto tace, un assordante silenzio che fa presagire l’evoluzione peggiore. Il dramma è che in questo silenzio non si vede uno straccio di business plan o di ricambio ai vertici.