Com’è difficile essere tedeschi

Se le formule politiche avvicinano Italia e Germania, il ruolo dei sindacati le allontana. Angela Merkel ha varato il suo governo di larghe intese alleandosi per la seconda volta di un accordo con i socialisti dell’Spd. Punti forti dell’intesa: pensioni e salario minimo. Guarda caso due temi che si ritrovano anche nella legge di stabilità del governo Letta-Alfano. Ma le apparenze delle larghe intese italo-tedesche non devono ingannare. C’è un aspetto controverso che mette agli antipodi i due paesi europei: le relazioni sindacali. Se in Germania, infatti, rappresentanti sindacali siedono nei consigli di amministrazione e contribuiscono alla gestione e alla condivisione delle responsabilità nelle scelte aziendali, in Italia è tutta un’altra musica.

Non solo i sindacati sono un elemento costante di conflittualità nei confronti delle aziende, ma addirittura portano importanti responsabilità, almeno dal punto di vista storico, su alcuni dei casi emblematici italiani in senso negativo: Alitalia e Montepaschi. Pochi forse se ne ricorderanno ma furono proprio i sindacati di Alitalia a dire il primo durissimo no all’ingresso di Air France, quando il governo Prodi propose di far entrare i francesi nella compagnia di bandiera italiana. Poi, è vero, arrivò Berlusconi con l’idea dei capitani coraggiosi, ma il primo calcio alla gamba del tavolo lo dettero i sindacati.

Per la banca più chiacchierata d’Italia, poi, il ruolo dei sindacati è stato ancora più netto: non certo direttamente nel dissesto, ma i sindacati, sopratutto quelli dei bancari, hanno dettato legge negli ultimi 20 anni nel Montepaschi. Basta pensare che storicamente l’amministratore delegato della banca doveva avere il tacito consenso dei sindacati, oppure che la Banca Toscana, controllata Mps poi incorporata, aveva il contratto dei bancari più favorevole ai dipendenti di tutta Italia. È più facile essere tedeschi in politica che in economia. E i risultati si vedono.
 

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