Secondo la seconda edizione del Barometro dei Portafogli Italiani condotta da Natixis Global Asset Management, che offre una panoramica dei portafogli modello e delle scelte di asset allocation dei consulenti finanziari italiani, emerge come stia crescendo l’utilizzo di strumenti alternativi al fine di ridurre il rischio nei propri portafogli e non, come si potrebbe pensare, per massimizzare i rendimenti. Quest’anno il Portfolio Research and Consulting Group (PRCG) di NGAM ha preso in considerazione 175 portafogli tra conservativi, moderati e aggressivi forniti dai consulenti finanziari e dai private banker italiani tra il 1° ottobre 2015 e il 30 settembre 2016.
“Una delle evidenze più interessanti”, afferma Alessandro Marolda, Senior Analyst Portfolio Research and Consulting Group di Natixis Global Asset Management, “è che più i profili sono prudenti, più alta è la scelta di fondi alternativi o di fondi multi asset. Riteniamo che gli strumenti alternativi siano utilizzati come fattori di riduzione del rischio e non per generare ritorni. Il trend è estremamente chiaro. Oltre il 25% degli asset dei portafogli conservativi sono investiti in strumenti alternativi, mentre se guardiamo a quelli moderati e a quelli più aggressivi le percentuali sono molto più basse e rispettivamente del 14% e del 7%. Questo trend diventa ulteriormente significativo, se si pensa che si tratta di un fenomeno globale registrato anche in altri paesi analizzati”.
“I consulenti finanziari e i private banker cercano sempre più di costruire portafogli che siano in grado di affrontare la complessità dei mercati moderni. Le analisi condotte dal nostro Portfolio Research and Consulting Group e la presenza di Alessandro Marolda come analista dedicato all’Italia ci permettono di capire il modo in cui sono realmente costruiti i portafogli”, spiega Antonio Bottillo, Country Head and Executive Managing Director per l’Italia di Natixis Global Asset Management. “L’obiettivo è determinare il contributo di ogni asset class in termini di rischio e di rendimento, così da aiutare i consulenti a costruire e gestire meglio le necessità e le aspettative dei clienti”.
Nel 2017 il sentiment degli investitori italiani continua a dimostrare un certo scetticismo in termini di investimenti tradizionali, in quanto è convinzione generale che il rialzo per i bond e per le azioni dei paesi sviluppati sarà piuttosto limitato. Alla luce di ciò, alcuni investitori hanno iniziato, in tempi molto recenti, a ridurre il rischio in portafoglio spostando asset dalle posizioni più tradizionali – obbligazioni e azioni – verso liquidità e strumenti alternativi. Si nota, inoltre, un aumento della presenza di bond strutturati, strumenti a tasso variabile e obbligazioni inflation linked, anche in questo caso probabilmente a causa del timore legato all’aumento dei tassi di interesse.
All’interno della categoria degli alternativi è interessante vedere come, indipendentemente dalla categoria di rischio, gli investimenti sono stati realizzati attraverso strategie alternative (global macro o azionario long/short) piuttosto che asset class (materie prime e real estate). Le strategie, offrendo bassa volatilità e bassa correlazione, sono in grado di replicare il ruolo tradizionalmente ricoperto dai titoli governativi, senza esporsi al rischio di un’eccessiva duration (o dei tassi di interesse). Le asset class alternative, invece, spesso si rivelano direzionali e volatili (pensiamo ad esempio alle commodities). E se i tassi di interesse dovessero continuare a rimanere bassi a livello globale, questa dinamica potrebbe continuare negli anni successivi.
Un’ulteriore considerazione può essere fatta sulle preferenze in termini di asset class. Mentre i profili più conservativi e moderati prediligono azionario e obbligazionario europei rispetto ad altre aree geografiche, i portafogli più aggressivi mostrano spesso un sovrappeso nelle posizioni sull’azionario dei mercati emergenti. Se nei portafogli conservativi e moderati, infatti, la percentuale relativa di titoli azionari dei paesi emergenti è pari rispettivamente al 9,1% e al 12,6% e sono in linea con l’esposizione dell’indice MSCI World All Country pari all’11,2%, i portafogli aggressivi mostrano un’esposizione pari al 22,4%
Come già anticipato, non è possibile prevedere come si muoveranno i tassi di interesse. Ma è possibile conoscere la tipologia di rischio a cui gli investitori sono esposti sui diversi strumenti di reddito fisso e come questi strumenti si comportano. Secondo il Portfolio Research and Consulting Group, gli investitori dovrebbero focalizzarsi su questi rischi nella scelta degli investimenti per la costruzione del portafoglio e non sulle aspettative dei ritorni che potrebbero rivelarsi errate.
La direzione dei tassi di interesse ha, inoltre, effetti molto diversi in base alla tipologia di strumenti obbligazionari e all’orizzonte temporale considerato e questo potrebbe avere serie implicazioni anche per quegli investitori che detengono singoli bond. Massimizzare i rendimenti in uno scenario di tassi di interesse in aumento può comportare il reinvestimento delle cedole all’interno delle stesse obbligazioni o di obbligazioni differenti, uno step in più nella gestione dei portafogli che potrebbe essere evitata scegliendo di allocare direttamente su un fondo che integra questo step nel processo di investimento.