TRE MOTIVI DI UN PARADOSSO – Anzitutto i cittadini dei paesi sviluppati stanno chiedendo un maggior attivismo dei governi, ma scelgono candidati politici indipendenti privi di esperienza politica la cui capacità di governare è ingabbiata dall’establishment politico e dai sistemi di bilanciamento istituzionali. Poi gli elettori vogliono contemporaneamente una più alta percentuale di ciò che consumano prodotta nel proprio paese ed esportare una maggiore quantità di quanto producono all’estero. Ma selezionando candidati che sono concentrati su questioni interne mettono seriamente a rischio la capacità di raggiungere tale obiettivo.
LEADER SENZA MEZZI E PERCORSI CHIARI – Infine le nazioni stanno riconoscendo di non essere state attente ai fattori di sviluppo a lungo termine come le infrastrutture e l’educazione. Eppure i populisti supportano candidati che, temendo un contraccolpo elettorale, sono timorosi dal togliere risorse nazionali ai programmi sociali per finanziare tali investimenti. In parte ciò avviene anche per la crescente “gerontocrazia” (la tendenza da parte di una maggioranza crescente di elettori attuali a rimuovere quei politici che mettono a rischio i loro programmi di sociali. In sostanza, conclude Crescenzi, spesso i leader populisti votati dagli elettori per raggiungere una molteplicità di fini (come una maggiore crescita del reddito o una più forte identità nazionale) mancano sia dei mezzi sia di un chiaro percorso per raggiungere tali finalità.