Le strategie attive possono fare la differenza

LE AZIONI EUROPEE TORNANO A PIACERE

Negli ultimi trimestri le azioni europee sono state oggetto di un generale risveglio dell’interesse degli investitori, essenzialmente sotto forma di flussi passivi. Lo sottolinea Dylan Ball, Executive vice president di Templeton Global Equity Group aggiungendo di ritenere che l’aumento d’interesse generale degli investitori “sia legittimo, considerando le attuali condizioni positive in Europa”. Le società europee, infatti, “ricominciano a registrare una crescita degli utili” e Ball è convinto che i fondamentali torneranno ad occupare una posizione centrale nelle decisioni d’investimento.

PER TEMPLETON STRATEGIE ATTIVE OFFRONO FORTE VALORE

“È proprio in questo contesto che al momento rileviamo un forte valore nelle strategie azionarie europee attive”: se molti indici azionari hanno migliorato di recente i propri massimi storici, “i rapporti prezzo-valore contabile in Europa rimangono tuttavia inferiori alle loro medie di lungo termine, in alcuni casi fino a una deviazione standard”. In sostanza, spiega l’esperto del gruppo Templeton, “i gestori attivi possono esaminare attentamente le valutazioni di ogni singola società all’interno di un indice” per sfruttare una duplice potenziale opportunità.

P/E ANCORA BASSI IN EUROPA, RIPRESA MACRO IN ATTO

I rapporti prezzo-utile (P/E) “in Europa sono bassi in termini storici” (19,2 volte in termini normalizzati, contro le 29 volte degli Stati Uniti), inoltre in tutta la regione vi sono segnali di ripresa degli utili societari dopo la crisi finanziaria globale del 2007-2009, così gli investitori stanno cercando “di anticipare le fasi iniziali di un rimbalzo degli utili”. Esistono poi ulteriori motivi d’ottimismo per l’esperto, in particolare segnali di ripresa macroeconomica in atto: la svalutazione dell’euro pare “in procinto di cessare” e ciò viene ritenuto “un buon segnale per le azioni europee, in quanto dimostra che è in corso una certa ripresa”.

UTILI ANCORA SOTTO I PICCHI PRE-CRISI

Inoltre, le opportunità di beneficiare potenzialmente della svalutazione della valuta rispetto al dollaro sono cambiate rispetto a due o tre anni fa” ed anche la crescita dei prestiti “ha un andamento positivo dal 2015%” (attorno al 2%-3% attualmente), mentre la disoccupazione nell’Eurozona a fine agosto 2017 ha toccato il minimo degli ultimi 8 anni, al contrario dell’indice dei responsabili acquisti del settore manifatturiero, sui massimi da 6 anni. Eppure gli utili europei sono ancora inferiori del 48% ai massimi pre-crisi finanziaria, mentre quelli statunitensi sono superiori di circa il 16% ai massimi pre-crisi del 2008.

SEGNALI DI OPPORTUNITA’ POTENZIALI

“Ai nostri occhi questo è un segnale di potenziali opportunità”, conclude Ball, in quanto pare dipendere non tanto da una minore competitività delle aziende europee rispetto ai concorrenti americani, o del programma di quantitative easing della Bce rispetto a quello della Federal Reserve, ma dai margin reddituali ancora inferiori in quanto condizionati dall’andamento dei prezzi. Non appena in Europa le società reagiranno ad un aumento dell’inflazione, il divario dovrebbe sparire e col riemergere “dei fondamentali dei singoli titoli come elemento di differenziazione delle performance, la gestione attiva” potrà “veramente dimostrare il suo valore”. Anzi, probabilmente ciò sta già avvenendo.

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