Il ritorno alla normalità
Come segnala Brad Tank, Chief investment officer – fixed income di Neuberger Berman, a guardare questa insolita fase di espansione dell’economia sembra che stia per arrivare non tanto il Natale ma il… “Normale”. Mentre le banche centrali cavalcavano l’onda della crisi finanziaria spingendo i tassi di interesse sotto zero e stampando moneta, sul dibattito economico si schieravano due opposte fazioni. Da un lato, i “monetaristi” pronosticavano un’esplosione dell’inflazione causata dal deprezzamento delle valute. Dall’altro, i “keynesiani” sostenevano che la crisi era stata così profonda e la risposta in termini di politica fiscale così esigua, che disinflazione e appiattimento delle curve dei rendimenti erano inevitabili, a prescindere dalle misure adottate dalle banche centrali per l’economia.
Quest’anno la crescita si è sincronizzata
La storia degli ultimi dieci anni dà indubbiamente ragione ai keynesiani che per definire la situazione hanno usato i termini “stagnazione secolare” o “nuova normalità”. Da allora il Pil si è ripreso lentamente e in modo non uniforme. Gli asset rischiosi hanno continuato lentamente ma costantemente a guadagnare, l’inflazione, invece, è rimasta ostinatamente bassa e la fiducia delle imprese non si è ripresa abbastanza da sostenere gli investimenti. Quest’anno un importante sviluppo è stato rappresentato dalla fine di quella irregolarità nella ripresa, e dalla manifestazione di una crescita globale sincronizzata per la prima volta dalla crisi finanziaria. Per tutte le 45 le economie monitorate dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) si prevede una crescita fino alla fine del 2019.
Inflazione e investimenti restano assenti
Ma l’inflazione “core”, soprattutto negli Stati Uniti, è di fatto calata nel corso dell’estate e le spese in conto capitale si muovono appena. Con l’inizio del 2018, segnala però il gestore, “ravvisiamo per la prima volta dopo molto tempo maggiori probabilità di un ritorno di questi due elementi di ripresa alla vecchia maniera”. In Germania l’inflazione primaria è all’1,8%, il massimo da inizio anno, negli Usa la spesa per consumi ha raggiunto un tasso annualizzatao trimestrale dell’1,9% e l’output gap si è ridotto, mentre i settori con retribuzioni più basse hanno registrato i maggiori incrementi delle paghe. Da parte delle aziende, aggiunge Tank, “a un certo punto, la mancanza di fiducia lascerà il posto al timore di perdere opportunità” e questo spingerà l’acceleratore sugli investimenti, tanto più se sarà stata approvata la riforma fiscale negli Usa.
Investimenti possono ripartire nel 2018
Certo, ricorda l’esperto di Neuberger Berman, i motivi di un calo delle c.d. “capex” (spese in conto capitale, ossia investimenti, ndr) potrebbero essere strutturali. “I colossi della tecnologia della new economy possono crescere senza capitale e alcuni economisti osservano che la spesa per idee di business è intrinsecamente più rischiosa della spesa per beni fisici”. Nondimeno, le aziende della “old economy” restano importanti e, unitamente all’aumento dell’inflazione, riteniamo che i loro investimenti finora repressi abbiano buone probabilità di generare una ripresa “vecchia maniera” durante il 2018. Sarà così e, soprattutto, quanto ne beneficeranno le borse e quanto potrebbero soffrirne i mercati a reddito fisso? QuestoTank non lo dice, ma potremo iniziare a capirlo già nei prossimi mesi.