Bain Capital Private Equity fa festa a Natale conquistando Fedrigoni

Il private equity fa affari anche a Natale

La notizia è arrivata subito prima di Natale, a testimonianza di come per il business non ci siano festività quando l’affare da concludere è importante: dopo anni di empasse la famiglia Fedrigoni ha accettato di cedere il controllo dell’omonima cartiera a Bain Capital Private Equity, in cambio di un controvalore di 650 milioni di euro.

Fedrigoni, questa volta il prezzo è giusto

Fondata nel 1888 e con sede a Verona, il gruppo Fedrigoni ha impianti produttivi in Italia, Spagna e Brasile, una rete di distribuzione globale e conta oltre 2.700 dipendenti, con un giro d’affari che a fine 2017 dovrebbe aver toccato gli 1,1 miliardi di euro, avendo chiuso il 2016 a quota 1,054 miliardi di euro, con un Ebitda in crescita a 140,8 milioni e un debito finanziario netto in calo a 129 milioni. Si prevede che la famiglia Fedrigoni mantenga una partecipazione di minoranza anche una volta ottenuto il via libera alla cessione dalle competenti autorità.

Tra gli asset ceduti anche il marchio Fabriano

Bnp Paribas, Hsbc, Ubi Banca e KKR saranno i joint bookrunner del finanziamento a supporto della transazione. Il gruppo Fedrigoni (proprietario tra l’altro del marchio Fabriano) è tra i principali produttori mondiali di carte ad alto valore aggiunto, supporti speciali, prodotti di sicurezza e prodotti autoadesivi ed è l’unico produttore italiano di carta per banconote accreditato dalla Banca centrale europea per la produzione della carta filigranata dell’euro.

Accordo giunge dopo tre anni di tentativi

L’accordo con Bain Capital ha posto termine ad almeno tre anni di tentativi andati a vuoti per trovare partner finanziari per l’ulteriore crescita del gruppo. In particolare nell’autunno 2016 era sembrato fatto un accordo con Edizione Holding e Investindustrial, ma come già nella primavera dello stesso anno (quando a bussare alle porte dei Fedrigoni erano state Edizione Holding e il fondo sovrano di Singapore, Temasek) la distanza tra la valutazione offerta, attorno ai 500 milioni, e quella chiesta, sui 650-700 milioni, non era stata colmata.

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