Wall Street, la riforma fiscale di Trump si abbatte sulle trimestrali

Riforma fiscale pesa sui conti di Wall Street

La riforma fiscale voluta da Donald Trump lascia il segno sui bilanci dei grandi gruppi finanziari quotati a Wall Street, almeno a giudicare dalla prime trimestrali pubblicate in questi giorni. Goldman Sachs, ad esempio, ha chiuso il quarto trimestre del 2017 in rosso di 2,14 miliardi di dollari (ovvero 5,51 dollari di perdita per azione), a causa in particolare di oneri “una tantum” per 4,4 miliardi legati alla riforma fiscale varata dal Congresso americano. Nello stesso trimestre dell’anno precedente la banca aveva registrato un utile netto di 2,15 miliardi (5,08 dollari per azione).

Goldman Sachs in rosso, utili in caduta per Morgan Stanley

Senza gli oneri straordinari l’utile per azione sarebbe stato pari a 5,68 dollari per azione rispetto ad attese che il consensus calcolato da Thomson Reuters Ibes valutava attorno a 4,91 dollari. In calo su base annua anche i ricavi, scesi a 7,83 miliardi nel trimestre ma anche in questo caso sopra il consensus (7,61 miliardi). Morgan Stanley dal canto suo ha accusato un calo del 58,8% degli utili anche in questo caso per via di oneri straordinari per 1,2 miliardi di dollari legati alla riforma fiscale appena varata negli Usa.

I risultati rettificati sono migliori delle attese

In questo caso il trimestre si è però chiuso in utile, per 686 milioni di dollari (29 centesimi per azione), rispetto agli 1,67 miliardi (81 centesimi) di un anno prima. Al netto degli oneri “una tantum” Morgan Stanley ha registrato un utile rettificato di 1,68 miliardi (84 centesimi per azione). Il consensus Thomson Reuters Ibes segnalava un valore atteso di 77 centesimi per azione. Infine American Express ha chiuso il suo primo trimestre fiscale (gli ultimi tre mesi del 2017) in rosso per la prima volta da 25 anni a questa parte, con una perdita netta di 1,12 miliardi, rispetto all’utile di 825 milioni di dodici mesi prima.

American Express in rosso per le prima volta da 25 anni

Anche in questo caso hanno pesato oneri “una tantum”, collegati alla riforma fiscale, per 2,6 miliardi di dollari (cifra superiore alle stime del gruppo che prevedeva oneri pari a 2,4 miliardi). Dopo il risultato, che ha pesato sulle riserve di capitale, American Express ha deciso di sospendere il proprio buy-back azionario. Anche nel caso dell’emittente di carte di credito l’utile rettificato per azione sarebbe stato pari a 1,58 dollari, superando il consensus che parlava di 1,54 dollari. Se non altro, i ricavi hanno battuto le previsioni, salendo a 8,84 miliardi di dollari, il 10% in più rispetto all’anno precedente.

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