Come riequilibrare il portafoglio per resistere a inflazione e tassi in rialzo

L’inflazione rende i mercati nervosi

A gennaio l’inflazione, e tutto ciò che è collegato ad un aumento dei tassi, ha seguito furtiva le mosse dei mercati e i mercati “si sono innervositi, comportandosi in modo imprevedibile” come sottolinea in una nota Erik Knutzen, Chief investment officer – multi-asset class di Neuberger Berman. In paticoalre i T-bond hanno vissuto il mese peggiore da oltre un anno a questa parte, proseguendo la corsa al ribasso anche quando, la settimana scorsa, le azioni sono state colpite da un’ondata di vendite.

Tanti segnali fanno presagire rialzo prezzi

Eppure, nota l’esperto, il mercato “avrebbe dovuto essere pronto a una simile eventualità”. Nel 2016 e 2017, il prezzo del petrolio è aumentato quasi del 90%, l’anno scorso i prezzi del settore manifatturiero in Cina hanno registrato un’impennata, l’output gap degli Stati Uniti si è ridotto ed è da otto anni consecutivi che il paese crea posti di lavoro. E sebbene i salari medi sembrino mantenersi invariati, quelli più bassi sono cresciuti di oltre il 3% nel 2017. Venerdì, infine, la crescita del salario medio orario ha chiuso molto al di sopra delle attese.

Investitori hanno perso memoria muscolare?

In breve, tutto lascia presagire che nel 2018 si dovrebbe concretizzare un contesto più votato all’inflazione, che da cinque anni “non centra l’obiettivo e che i rendimenti obbligazionari soffrono”. Sono molti, nota Knutzen, gli operatori “che non hanno mai visto l’inflazione del mondo sviluppato mantenersi per periodi prolungati al di sopra del 3%”. Può quindi darsi che gli investitori abbiano perso la loro “memoria muscolare” per sapersi posizionare correttamente in un simile contesto. Ma la memoria muscolare “è indispensabile per chi è minacciato da movimenti furtivi”.

Tendenza di fondo inequivocabile

Al momento, l’inflazione è ancora un fruscio nel sottobosco. Nondimeno, “riteniamo che la tendenza sottostante sia inequivocabile e importante per la maggioranza degli investitori che detengono passività legate all’inflazione o che desiderano preservare il potere di acquisto dei loro attivi”. Anche chi si focalizza esclusivamente sul rendimento degli attivi non deve dimenticare che quando i prezzi salgono alcuni investimenti tendono a registrare buone performance, mentre altri hanno performance estremamente insoddisfacenti.

Componente obbligazionaria, attenti alla duration

In questo contesto, aggiunge l’esperto, “uno dei fattori più importanti da tenere in considerazione è la sensibilità del portafoglio ai tassi di interesse o duration”. Gli investitori con una duration lunga potrebbero valutare la possibilità di ridurla, mentre gli investitori che attualmente traggono vantaggio da un appiattimento della curva dei rendimenti potrebbero posizionare il portafoglio a favore di una curva più ripida. Le pressioni inflazionistiche sui tassi di interesse potrebbero portare ad una volatilità di mercato più diffusa; col passare dei mesi “potrebbe quindi aver senso adottare esposizioni azionarie e obbligazionarie a minor rischio”.

Meglio bond indicizzati e azioni di energia e materie prime

Questo per limitare il rischio di ribasso, mentre per cercare comunque di catturare i rialzi gli investitori “potrebbero valutare la possibilità di sostituire alcune posizioni in obbligazioni a tasso fisso con strategie obbligazionarie globali indicizzate all’inflazione”. Le materie prime e le azioni del settore energetico , ad esempio, hanno tendenzialmente beneficiato di un aumento dei prezzi, non da ultimo perché le materie prime influenzano molti di quei prezzi e nei mercati emergenti vi sono numerosi produttori di materie prime. Così debito, azioni e valute dei mercati emergenti “possono essere componenti importanti di un portafoglio sensibile all’inflazione e sono tuttora disponibili a valutazioni interessanti”.

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