Pictet Asset Management: attenti, l’inflazione Usa non è morta

Pictet Asset Management: inflazione Usa può sorprendere

Dopo anni di torpore, l’inflazione si sta ridestando negli Stati Uniti, ad un ritmo non pienamente compreso dagli investitori. Lo sottolinea in un report Patrick Zweifel, economista di Pictet Asset Management, notando come lo stato di salute dell’economia Usa e di quella mondiale favoriscano un’accelerazione dell’inflazione statunitense nel breve termine “in misura maggiore rispetto a quanto gli investitori potrebbero immaginare, sebbene la recente volatilità del mercato suggerisca un risveglio non privo di rischi”.

Prezzi al consumo Usa possono salire di oltre il 2%

L’economista stima infatti “che vi sia una possibilità su quattro che l’inflazione superi l’obiettivo della Federal Reserve del 2% fissato per quest’anno, la più alta probabilità dal 2014”. Per capire perché l’inflazione sta tornando, aggiunge Zweifel, vale la pena di considerare innanzitutto perché è sparita. La risposta sta nelle insolite circostanze economiche che sono prevalse all’inizio della crisi finanziaria globale. “Di norma, dopo che la disoccupazione è scesa al di sotto di un certo livello, il cosiddetto output gap, ovvero la differenza tra la produzione effettiva e potenziale di un’economia, è azzerato e l’inflazione inizia a crescere”.

Hanno pesato bassa inflazione iniziale e globalizzazione

Secondo la relazione nota come curva di Philips, infatti, la crescita dei salari si traduce in una maggiore spesa per consumi che, dopo qualche tempo, porta ad un aumento dei prezzi. Negli ultimi anni questa relazione non ha funzionato, portando alcuni economisti a ritenere che stia diventando irrilevante. Ma per l’economista di Pictet Asset Management esistono “due chiare spiegazioni al recente bizzarro comportamento della curva di Phillips. La prima è costituita dai livelli molto bassi di inflazione all’inizio dell’ultima recessione e la seconda dalla globalizzazione”.

Inflazione non è morta, era solo in letargo

L’economia statunitense si è tuttavia fatta largo attraverso le ultime pressioni deflazionistiche e secondo l’esperto dopo quasi un decennio di inflazione contenuta ma positiva, il divario tra il punto in cui i prezzi dovrebbero essere e dove sono si è ampiamente ridotto. Inoltre, anche l’output gap mondiale è pressoché svanito, all’interno di una solida crescita globale, che probabilmente eserciterà un effetto maggiore sull’inflazione statunitense. Tra i primi segnali vi saranno con buone probabilità aumenti relativamente bruschi dei salari statunitensi e il netto rimbalzo dei prezzi delle materie prime, con il petrolio in testa. Gli investitori e i policymaker – avverte Zweifel – sono ormai così abituati ad una bassa inflazione che questa inversione potrebbe rivelarsi una spiacevole sorpresa: “l’inflazione non è morta, ha solo dormito per un po’”.

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