Credito Valtellinese, il calvario continua
Niente da fare per il Credito Valtellinese (Creval) che continua nel suo calvario in borsa, col titolo in ribasso anche oggi per la nona seduta consecutiva, poco sopra l’1% di perdita a 10,17 centesimi per azione quando manca meno di un’ora al termine della seduta regolare a Piazza Affari dove sono stati finora scambiati oltre 18,8 milioni di pezzi.
In quattro giorni bruciato l’85% del valore
Di nuovo in pesante rosso anche il diritto, che viene scambiato a 1,106 euro (-35,7%) con poco più di 1,13 milioni di diritti transati sino a questo momento. Chi aveva in mano un’azione Creval da 7,8 euro ante stacco diritti venerdì sera si ritrova al momento con poco meno di 1,21 euro di controvalore, con una perdita complessiva dell’85% in soli quattro giorni. In parallelo la capitalizzazione si è ormai ridotta a poco più di 1,13 milioni di euro (pur essendo destinata a risalire sopra i 700 milioni di euro ad aumento concluso).
Nessuno spazio per arbitraggi
Il titolo resta peraltro appena sopra il livello a cui l’aumento da circa 700 milioni di euro (interamente garantito da un consorzio di banche e intermediari di mercati) verrà eseguito, ossia 10 centesimi di euro per ognuna delle 631 nuove azioni che ogni diritto dà la possibilità di sottoscrivere, mantenendosi al tempo stesso in perfetto equilibrio col prezzo che andrebbe a pagare chi fosse interessato ad acquistare un diritto e sottoscrivere i nuovi titoli, di fatto azzerando lo spazio per eventuali arbitraggi sul titolo.
Dopo blitz a Londra filtra ottimismo
Nel frattempo il management sta tentando di convincere altri fondi e investitori finanziari potenziali, oltre al fondo Algebris, dell’opportunità di scommettere su un futuro recupero delle quotazioni, attualmente sui minimi storici. Secondo fonti giornalistiche dopo un “blitz” a Londra organizzato per sondare altri fondi internazionali, sarebbe emerso un certo interesse tanto che dal management filtra un certo ottimismo, ma non è chiaro se tutto questo basterà ad evitare un elevato inoptato che porterebbe le banche a sottoscrivere una percentuale elevata di capitale, destinata poi a riversarsi sul mercato nelle settimane e mesi seguenti la conclusione dell’operazione.