Fugnoli: come investire in uno scenario di guerra commerciale Usa-Cina

Trump stia attento a dichiarare guerra

Chi muove guerra a qualcuno lo fa perché pensa di poter vincere, ma a conti fatti spesso chi ha iniziato una guerra ha finito col perderla. Lo ricorda Alessandro Fugnoli, strategist di Kairos, società del gruppo Julius Baer, nell’ultimo numero della newsletter Il Rosso e il Nero. Fugnoli nota che in particolare l’errore commesso più frequentemente è quello di non valutare correttamente il fronte interno proprio o degli avversari. Un rischio che sembra correre anche Donald Trump quando minaccia una guerra di dazi alla Cina.

Tre possibili errori di valutazione

“Quando Trump ha deciso di muovere i primi passi di una guerra commerciale alla Cina con il tweet di annuncio ha tenuto a presentarla come destinata a una vittoria facile e sicura” sottolinea Fugnoli, segnalando come sia vero che in termini economici i cinesi hanno molto più da perdere degli americani e come la mossa di Trump, pensata per rafforzare il consenso del presidente negli stati manifatturieri del midwest, sembri aver funzionato (Trump ha raggiunto la popolarità toccata da Obama dopo sei mesi alla Casa Bianca). Tuttavia Trump “potrebbe aver commesso tre errori di valutazione, di cui due sui rispettivi fronti interni”.

Dalla Cina risposte perfidamente mirate

Primo, “in un conflitto non esce necessariamente vincitore chi ha meno da perdere ma chi è più disposto a perdere quello che ha, anche se è tanto” e qui la Cina, paese autoritario, appare avvantaggiata sugli Usa. Secondo, “la Cina non è il Giappone degli anni Ottanta e Novanta, un paese che si lasciò strapazzare commercialmente dagli Stati Uniti nel nome di un’alleanza politica e militare”: Pechino è consapevole della sua forza ed ha un fronte interno, almeno ufficialmente, disposto a sostenere “uno scontro duro”. Terzo, “la Cina è stata perfidamente mirata nella sua risposta a Trump. I dazi sui prodotti agricoli colpiscono stati agricoli tutti trumpiani. I dazi sulle auto americane non colpiscono Detroit, che alla Cina non fa nessuna paura, ma Tesla, che a una Cina che vuole diventare rapidamente leader globale nella auto elettriche dà fastidio”.

Scontro vero resta sullo sviluppo tecnologico

E’ presto per dire come finirà, ma Fugnoli non esclude un “successo tattico” di Trump che però non sposterà il problema strategico “dello squilibrio tra la crescita tecnologica americana e quella cinese”. Dal canto suo l’Europa, ancora una volta, è “non pervenuta”, con la Commissione Ue che “ha appena stanziato un’elemosina di 50 milioni per sostenere l’intelligenza artificiale” (su cui Pechino punta alla grande, ndr) che ha portato il presidente francese Emmanuel Macron a varare un proprio piano da un miliardo e mezzo di euro, “una cifra dignitosa che però scompare di fronte agli stanziamenti cinesi”. Quanto ai mercati, per Fugnoli i timori di guerra commerciale “sembrano eccessivi”, ma la riconsiderazione della tecnologia come settore leader “ha senso in una fase matura del rialzo azionario”.

Le prospettive di borse e bond nei prossimi mesi

Si dovrà però distinguere tra “tecnologia pop fatta in realtà da società che vendono pubblicità, film e informazioni sulle abitudini dei loro clienti” (come Amazon, Google, Facebook o Netflix, i “fang” di Wall Street, ndr) e la “tecnologia dura, soprattutto se dotata di applicazioni militari”. Nel primo caso per Fugnoli è opportuno iniziare ad alleggerire le posizioni al primo rimbalzo consistente, nel secondo le posizioni saranno da mantenere. Il quadro di fondo “rimane quello di un rialzo dell’inflazione americana sopra il 2,5% nel corso dei prossimi 6 mesi. Una volta smaltito l’eccesso di posizioni al ribasso sui bond, questi riprenderanno a scendere, anche se non drammaticamente”. Le borse “faranno fatica a tornare sui massimi di gennaio” e se lo faranno, saranno da alleggerire.

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