Vivere fino a 100 anni? Il costo delle scelte (di portafoglio) sbagliate

Contenuto tratto da www.forbesitalia.com

Due terzi dei paperoni italiani si aspettano di vivere fino a cent’anni. Ma spesso l’illusione della longevità – il dato si discosta di quasi vent’anni rispetto alla speranza di vita alla nascita stimata dall’Istat, pari a 80,6 anni per gli uomini, 85 per le donne – non trova riscontro nelle scelte finanziarie. È quanto emerge dalla Ubs Investor Watch, la più ampia ricerca al mondo sugli High Net Worth Individuals (Hnwi), condotta tra più di cinque mila persone con un patrimonio investibile di almeno un milione di euro.

Se infatti quasi tutti gli intervistati italiani (400) affermano di aver introdotto – o di voler introdurre – cambiamenti in tema di comportamenti finanziari, in risposta alla prolungata aspettativa di vita, solo il 32%, nel concreto, sta adeguando le proprie abitudini di spesa, mentre il 39%, cioè meno della metà, si è attrezzato per calibrare meglio le proprie strategie d’investimento, focalizzandosi sul lungo termine.

Anche in questo caso, le scelte di composizione dei portafogli non sembrano coerenti con l’orizzonte temporale di riferimento. Le obbligazioni, in particolare, sono considerate un investimento efficace sul lungo periodo. Vale la pena sottolineare come la percezione degli investitori italiani diverga in modo marcato rispetto agli Hnwi degli altri Paesi coinvolti nella ricerca: Germania, Hong Kong, Messico, Singapore, Svizzera, Taiwan, Stati Uniti, Emirati Arabi e Regno Unito. Basti pensare che il 28% degli investitori italiani interpellati da Ubs, giudica il “parcheggio” dei risparmi nella liquidità per un periodo prolungato, 30 anni e anche più, come una delle opzioni preferite nella gestione del patrimonio finanziario. L’esatto contrario di quanto insegni la storia dei mercati finanziari.

L’ultima edizione del Global Investment Returns Yearbook, pubblicato dal Credit Suisse Research Institute, in collaborazione con Elroy Dimson, Paul Marsh e Mike Staunton, docenti della London Business School, mostra infatti come dal 1900 al 2017 le azioni globali abbiano offerto un rendimento medio annuo reale (cioè al netto dell’inflazione) del 5,2%, sovraperformando la liquidità (titoli del Tesoro a breve termine) del 4,3% e il reddito fisso del 3,2% l’anno.

Se l’orizzonte di riferimento supera i 10 anni, gli analisti sono concordi nel ritenere che l’investimento sui mercati azionari offra prospettive di rendimento nettamente più attraenti e meriti uno spazio non trascurabile nei portafogli. Certo, guadagno fa sempre rima con rischio. Occorre mettere in conto una maggiore volatilità. E non è detto che tutti i portafogli – specie se l’età avanza – siano disposti a tollerare qualche fibrillazione.

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