Trump fa correre petrolio e dollaro, frenano emergenti e oro

Petrolio in risalita

Dopo due anni di guerra dei prezzi, la strategia di contenimento della produzione dell’Opec da una parte e l’aggressiva tattica “negoziale” di Donald Trump che archiviato per ora il confronto con la Corea del Nord ha già lanciato un avvertimento all’Iran sul possibile abbandono Usa dell’accordo sul nucleare del 2015 (con relative possibili nuove sanzioni che saranno annunciate entro il 12 maggio), stanno facendo risalire le quotazioni petrolifere.

Wti sopra i 70 dollari al barile, Brent oltre i 75,5 dollari

Venerdì i prezzi del future sul petrolio texano Wti hanno superato la soglia di 70 dollari al barile, per la prima volta dal novembre del 2014, raggiungendo i 70,69 dollari prima di chiudere a 69,72 sul Nymex. Stamane anche in Europa la tendenza al rialzo è confermata, col future sul Brent del Mare del Nord a 75,55 dollari al barile, mentre sugli scambi elettronici del Nymex il Wti oscilla a 70,42 dollari.

La politica di Trump rafforza l’oro nero e il dollaro

La risalita del petrolio si accompagna ad un ulteriore rafforzamento del dollaro, che dopo mesi di debolezza in queste ultime sedute si è riportato ai massimi da febbraio. La forza del biglietto verde potrebbe interrompere la corsa dei mercati emergenti, come hanno sottolineato gli analisti di Jp Morgan Chase. Qualcosa sta già iniziando a muoversi ad esempio in Argentina, dove la banca centrale ha dovuto alzare tre volte i tassi in soli otto giorni portandoli al 40% nel tentativo di limitare il crollo del peso, con anche la Turchia che potrebbe alzare i tassi vista la debolezza marcata della lira turca.

Emergenti e oro sotto schiaffo

Ma il dollaro forte pesa anche sulle materie prime: se il petrolio come detto “beneficia” di possibili nuove sanzioni all’Iran, l’oro subisce in pieno la rivalutazione del biglietto verde e nonostante le scommesse in tal senso di alcuni investitori come Naguib Sawiris resta distante dai massimi recenti. Stamane il metallo biondo scivola sotto i 1.313 dollari l’oncia, rispetto al picco di 1.360 dollari toccato quasi un mese fa, l’11 aprile scorso e ai 1.368 dollari raggiunti il 25 gennaio scorso.

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