Banca Carige, incertezza fa rima con rialzi in borsa

Banca Carige, si va verso scontro in assemblea

Si profila uno scontro tra i soci di Banca Carige all’assemblea societaria del prossimo 20 settembre, dopo che Raffaele Mincione (socio al 9,9%) ha presentato una lista per il Cda sostenuta anche da Gabriele Volpi e Aldo Spinelli (assieme ai quali la lista può contare sul voto di circa il 21% del capitale) che vede la conferma dell’attuale amministratore delegato Paolo Fiorentino e la nomina dello stesso Mincione alla presidenza, contrapposta a quella presentata dall’azionista principale, il gruppo Malacalza (socio con poco meno del 23,96%), che invece propone Fabio Innocenzi, attuale numero uno di Ubs Italia, quale sostituto di Fiorentino (e Pietro Modiano come nuovo presidente).

Assogestioni e Sga possono essere ago della bilancia

L’esito dello scontro potrebbe così dipendere da come voterà Assogestioni, che a sua volta ha depositato una lista che può vantare sull’appoggio del 2,9% del capitale grazie all’impegno assunto da Alleanza Assicurazioni, Generali Italia, Intesa Sanpaolo Vita e Planetarium Fund Anthilia Silver, o da Sga (attualmente socia al 5,4%), che pare però intenzionata a sostenere la lista di Assogestioni o anche a cedere la propria partecipazione prima dell’assemblea. Intanto i potenziali candidati ad un’integrazione con Banca Carige, ossia Banco Bpm e Ubi Banca, hanno smentito con decisione le ipotesi ventilate da Mincione definendole “prive di ogni fondamento”.

Incertezza su futuro alimenta recupero quotazioni

Il clima di incertezza circa l’esito dello scontro sta se non altro contribuendo al recupero delle quotazioni della banca ligure, salite del 25% abbondante negli ultimi tre mesi anche se ancora in rosso di oltre il 53% rispetto a 12 mesi fa. Una risalita che oggi sembra destinata a fermarsi (il titolo cede oltre un punto a metà seduta oscillando a 0,92 centesimi per azione) complici le tensioni su tassi e spread seguite alle dichiarazioni da parte del vicepremier Luigi Di Maio circa un possibile sforamento del 3% del deficit/Pil per varare comunque il reddito di cittadinanza nel 2019.

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