Dws: inversione curva rendimenti potrebbe non essere segnale affidabile

Dopo 9 anni di crescita si guarda a possibile recessione

Nove anni in un ciclo economico, il nervosismo è in aumento riguardo al momento in cui l’attuale ripresa economica si esaurirà e si entrerà nella prossima recessione. Per gli investitori, la questione è di massima importanza, in quanto aiuta a capire quando verrà il momento di dire addio agli asset rischiosi come le azioni per passare a beni rifugio come i titoli di stato. Lo ricordano gli esperti di Dws, segnalando come un indicatore ampiamente utilizzato al riguardo sia l’inclinazione della curva dei rendimenti. Normalmente, i rendimenti per investimenti a lungo termine sono superiori a quelli degli investimenti a breve termine.

Curva dei rendimenti fa ipotizzare recessione nel 2020

Una contrazione della differenza si chiama appiattimento della curva dei rendimenti. Se le obbligazioni a breve termine offrono rendimenti ancora più elevati rispetto alle obbligazioni a più lungo termine, si parla di inversione della curva dei rendimenti. L’inversione della curva dei rendimenti in passato è stata un affidale segnale di recessione: “consideriamo la differenza tra i rendimenti dei titoli di Stato Usa a 2 anni e a 10 anni. Se si parte da inizio 2014, estrapolando la tendenza suggerirebbe un’inversione della curva verso la metà del 2019. Tenendo conto del ritardo temporale medio, ciò a sua volta significherebbe scivolare in recessione nel quarto trimestre del 2020”. Tuttavia gli analisti consigliano cautela nell’estrapolare tale indicazione. “La nostra prima obiezione riguarda la selezione dei punti di riferimento, in particolare l’uso di rendimenti biennali”.

Ha senso usare tassi di mercato a 2 anni?

La giustificazione teorica per considerare la curva dei rendimenti è che la forma della curva rifletta le aspettative dei mercati sulle future politiche sui tassi d’interesse. Tuttavia, osservando la differenza tra i rendimenti a due anni e a dieci anni, l’analisi non considera le aspettative sui tassi di interesse per i prossimi due anni. La Federal Reserve statunitense ha affrontato questo problema e ha pubblicato le sue conclusioni in un documento. “Raccomandiamo piuttosto di considerare un tasso del mercato monetario o il tasso ufficiale della banca centrale. Facendo così, l’estrapolazione come sopra descritta la prossima recessione non sarebbe prima del 2022 sulla base dell’inclinazione tra il tasso dei Fed funds e i rendimenti dei titoli di stato a 10 anni”.

Anche su utilizzo tassi a 10 anni ci sono riserve

Un’altra obiezione riguarda l’importanza dei rendimenti a lungo termine. Nell’attuale ciclo economico, le banche centrali di tutto il mondo hanno effettuato acquisti di titoli su vasta scala per sostenere l’economia e contrastare i rischi deflazionistici. Ciò ha portato a tassi di rendimento obbligazionari scambiati al di sotto dei livelli dove sarebbero altrimenti stati in assenza di domanda da parte di questi acquirenti “price-insensitive”. Per confrontare l’attuale curva dei rendimenti con lo storico, si dovrebbe in realtà, sostengono gli uomini di Dws, dedurre questa diminuzione “artificiale” di rendimento.

Incognita relativa ai tagli fiscali recenti

Una terza obiezione è che ci sono pochi dati storici su come i recenti tagli fiscali e gli aumenti della spesa fiscale potrebbero impattare la curva dei rendimenti, semplicemente perché tali misure politiche sono più consuete nelle prime fasi di un ciclo economico. “Forse, potrebbero influire sulla curva in tutti i modi, comprese le aspettative di inflazione e le mutevoli percezioni della solvibilità degli Stati Uniti”. In sintesi, sebbene la curva dei rendimenti più comunemente utilizzata suggerisca l’inizio di una recessione alla fine del 2020, gli analisti di Dws suggeriscono di essere estremamente prudenti nell’assumere la curva dei rendimenti al valore nominale.

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