Investimenti: ancora cautela sul credito

“Per gran parte dello scorso anno siamo stati cauti sui tassi di interesse e ottimisti sul credito e anche nel 2022 restiamo della stessa opinione”. Ad affermarlo è Philippe Gräub, Head of Global Fixed Income, Union Bancaire Privée (UBP), che di seguito illustra nel dettaglio l’outlook dell’istituto sul comparto.

Alla fine dello scorso anno, quando la Fed ha raddoppiato il ritmo del tapering e la Boe ha alzato i tassi d’interesse a sorpresa, le Banche centrali hanno fatto un ulteriore passo avanti rimuovendo le misure di supporto più significative adottate all’inizio della pandemia.  Nonostante i casi abbiano ripreso ad accellerare con la variante Omicron, le Banche centrali si sono concentrate sui crescenti timori di inflazione. Ciò suggerisce che, a inizio 2022, la politica monetaria è a un punto di svolta: la traiettoria dell’inflazione da ora in avanti sarà determinante per capire se il mercato sta valutando adeguatamente il tightening futuro.

Dopo le imponenti campagne vaccinali globali, sarà essenziale capire se la pandemia è a un punto di svolta, visto che i governi hanno scelto di non applicare lockdown rigidi per ogni nuova ondata di infezioni. Se i governi continueranno su questa linea, come stiamo già osservando con Omicron, ciò dovrebbe far venire meno le limitazioni all’offerta, che nel 2021 si erano aggiunte ai timori di inflazione e hanno pesato sulla produzione. Questo consentirebbe inoltre di proseguire con una ripresa della crescita e normalizzare finalmente il settore dei servizi.

Riteniamo che questo quadro macroeconomico sia positivo per il credito, poiché non si prevede che le scelte hawkish delle Banche centrali portino a un inasprimento delle condizioni finanziarie. Sebbene ci aspettiamo una crescita dei tassi reali, l’aumento partirebbe da livelli storicamente bassi e quindi non dovrebbe avere un impatto eccessivo sugli asset di rischio. Inoltre, poiché le Banche centrali si apprestano ad alzare i tassi per la prima volta da molti anni, esse sono incentivate a compiere questa operazione nel modo più fluido possibile e a un livello tale da poterli tagliare di nuovo in caso di futura recessione.

Riteniamo inoltre che questa svolta hawkish sia motivata dai timori per l’inflazione, ma anche da un contesto di crescita globale più robusta, accompagnato da un irrigidimento delle condizioni dei mercati del lavoro. Ci aspettiamo che questo quadro di crescita rimanga stabile nonostante la pandemia continui a pesare sulle previsioni economiche.  Sebbene non si possano escludere nuove varianti, come abbiamo osservato con Omicron, quest’ultima ondata ci ha anche dimostrato che i vaccini e i richiami hanno fatto il loro lavoro nello spezzare il nesso fra aumento dei casi e decessi. In questo modo si riduce la probabilità che i governi reintroducano misure più severe, permettendo ai mercati di continuare a normalizzarsi e al settore dei servizi di guidare la prossima fase della ripresa. Un tale sviluppo sarà cruciale nel permettere un allentamento dei vincoli all’offerta, come è già successo con lo stabilizzarsi dei costi di produzione e il ritorno alla produzione di microchip.

Questo, insieme alla stabilizzazione dei prezzi delle materie prime, dovrebbe anche permettere all’inflazione complessiva di mantenersi su livelli moderati nel 2022: un fattore che dovrebbe recepito in modo positivo dagli asset di rischio.

Riteniamo che questo quadro sia positivo per il credito anche da una prospettiva microeconomica, a causa del notevole miglioramento dei fondamentali del credito seguito alla forte crescita degli utili nel 2021, con una gestione prudente dei bilanci. Ad esempio, la leva netta per i titoli investment-grade USA ha completamente invertito l’aumento osservato durante la pandemia, mentre il tasso di default dell’high yield USA, inferiore all’1% nel 2021, evidenzia come questo segmento di mercato abbia beneficiato della riapertura delle economie sulla scia dell’implementazione dei piani vaccinali.

Sebbene vi siano molte preoccupazioni in merito all’inflazione, la nostra analisi indica che un certo livello di inflazione, che non sia eccessivo, è in effetti un fattore positivo per le aziende: i perdenti dell’inflazione rappresentano solo il 17% del mercato del credito investment grade europeo.

Nel complesso, abbiamo una preferenza per il credito ad alto beta con duration bassa, favorendo il debito finanziario subordinato, in particolare gli AT1, che dovrebbero beneficiare dell’aumento dei tassi, e l’high yield, grazie a valutazioni interessanti e a fondamentali migliorati

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