Investimenti: resta la fiducia nonostante inflazione e volatilità

La situazione nel primo semestre di quest’anno è risultata decisamente complicata, con l’inflazione ai suoi massimi, i tassi di interesse in aumento, un clima geopolitico teso e seri rischi di rallentamento dell’economia. Queste condizioni si riflettono sui rendimenti finanziari delle principali asset class, che da inizio anno sono negativi. In questo sce3nario, ecco di seguito la view di Jean Marie Mercadal, Head delle strategie di investimento di Ofi Holding e Eric Bertrand, CIO di Ofi AM.

In un contesto di questo tipo, quali motivi abbiamo per essere fiduciosi?

Le previsioni di crescita globale per il 2023 sono ancora piuttosto ottimistiche, pari al 3,4%, ma non sembrano così affidabili se si considerano i rischi che al momento incombono su di esse.

Nonostante la situazione sia nel complesso piuttosto preoccupante, riteniamo che ci siano almeno due possibili motivi per essere fiduciosi.

1- La stretta monetaria negli Stati Uniti potrebbe non andare così lontano come inizialmente previsto

I tassi sui Fed Funds stanno aumentando a un ritmo piuttosto aggressivo e i mercati si aspettano che raggiungano circa il 3% entro la metà del 2023. È ancora troppo presto per dire se l’inflazione è vicina al picco, ma le aspettative di inflazione a lungo termine si sono calmate e si stanno assestando poco sotto il 3%. Sebbene si stiano stabilizzando, la Federal Reserve potrebbe attenuare leggermente il suo obiettivo e concentrarsi nuovamente sul problema della crescita. La tendenza al rialzo dei rendimenti obbligazionari, che ha spinto al ribasso i prezzi degli asset dall’inizio dell’anno, dovrebbe quindi attenuarsi o addirittura ridursi leggermente. In questo caso il rendimento del decennale statunitense potrebbe attestarsi intorno al 2,50%/3,00%. Sarà quindi interessante vedere cosa emergerà dalla riunione dei banchieri centrali di Jackson Hole che si terrà a fine agosto. Le modifiche alla politica monetaria vengono spesso annunciate in seguito a tali eventi.

2- Le valutazioni dei mercati azionari mondiali sono crollate

Le previsioni di crescita degli utili sono ancora piuttosto solide, nonostante l’incertezza che grava sulla crescita economica. Non sono state riviste al ribasso e si collocano in una fascia compresa tra l’8% e il 10% sia negli Stati Uniti che nella zona euro. Finora le aziende non sembrano aver visto alcun motivo per riconsiderare i loro obiettivi di guidance piuttosto ottimistici o i loro piani di investimento. Le ragioni possono essere due, come abbiamo già detto in altre occasioni: o gli analisti hanno iniziato l’anno sottovalutando la capacità delle aziende di generare utili e quindi non hanno dovuto rivedere al ribasso le loro previsioni, nonostante i rischi emersi nel frattempo; oppure inizieremo a vedere revisioni al ribasso nelle prossime settimane.

I titoli europei sono scambiati con un PER (Price to Earnings Ratio di 12 milioni di euro. Un indicatore di analisi del mercato azionario: la capitalizzazione di mercato divisa per l’utile netto) di circa 13, mentre i titoli statunitensi dell’indice S&P 500 scambiano a meno di 18. Anche il PER a 12 mesi dei titoli cinesi è sceso drasticamente a circa 10. Le valutazioni dei grandi titoli growth sono scese in modo particolarmente marcato e alcuni di essi appaiono interessanti ai livelli attuali. Se si tiene conto dei dividendi piuttosto generosi (alcuni titoli bancari e petroliferi offrono rendimenti divisi tra il 7% e il 10%), le valutazioni azionarie nel complesso iniziano a sembrare di nuovo ragionevoli, anche nelle attuali condizioni di nervosismo e di grande incertezza che potrebbero mantenere la volatilità molto elevata.

In breve, in tempi difficili come quelli attuali è difficile adottare strategie di investimento aggressive e altrettanto difficile fare previsioni. Tuttavia, la tendenza al rialzo dei rendimenti obbligazionari (soprattutto negli Stati Uniti) potrebbe essere quasi terminata. Inoltre, le valutazioni dei titoli azionari sono crollate e potrebbero emergere opportunità di investimento partendo dal presupposto, molto probabile, che i mercati rimarranno volatili in un mondo molto cupo come quello attuale.

L’impegno contro l’inflazione: torna in gioco la BCE

Alla luce dei dati sull’inflazione in aumento che provengono dall’Europa, la BCE ha cambiato rotta e ha adottato un tono più aggressivo. Il primo rialzo dei tassi di interesse è ora previsto per luglio e sono in programma almeno altri due aumenti da qui alla fine dell’anno. Gli effetti sono stati quasi immediati, come nel caso della curva dei rendimenti statunitense. Sebbene i tassi d’interesse nominali non abbiano reagito più di tanto (con il rendimento tedesco a 10 anni ancora leggermente superiore all’1,00%), le aspettative d’inflazione a 10 anni sono scese bruscamente al 2,25%.

Questo cambiamento di prospettiva è stato importante per evitare una spirale rialzista dei tassi d’interesse. Infatti, a parità di condizioni, l’inflazione effettiva in Europa non dovrebbe raggiungere il picco prima della fine del terzo trimestre o addirittura del quarto. Era quindi fondamentale che la BCE riacquistasse credibilità e non fosse vista come troppo “indietro rispetto alla curva”, perché avrebbe rischiato di danneggiare ancora di più la crescita economica, cosa che sarebbe avvenuta comunque se i tassi di interesse fossero andati troppo fuori controllo. Tuttavia, ci aspettiamo che i rendimenti delle obbligazioni tedesche si allentino ancora un po’ (a condizione che l’inflazione non raggiunga il picco) fino a circa l’1,50%, prima di stabilizzarsi o addirittura tornare a scendere quando le preoccupazioni per la crescita economica supereranno quelle per l’inflazione.

Negli Stati Uniti, dopo aver espresso chiaramente la propria posizione in merito alla lotta all’inflazione e aver quindi messo sotto controllo le aspettative inflazionistiche, come si evince dalla curva dei rendimenti, la Fed sta aprendo una nuova porta (attraverso i verbali pubblicati di recente). La protezione della crescita è ora di nuovo tra le sue priorità, rassicurando così i mercati sul fatto che non inasprirà la politica monetaria in modo eccessivo e innescando un calo del rendimento a 10 anni al 2,80%, che è il nuovo obiettivo di tasso terminale della Fed. Va detto che la Fed potrebbe beneficiare del fatto che i tassi d’interesse statunitensi sembrano essere al livello massimo dell’inflazione reale e dovrebbero gradualmente diminuire nei prossimi mesi, allentando così la pressione che attualmente grava sulla banca centrale. Nel frattempo, i rendimenti delle obbligazioni statunitensi dovrebbero attestarsi intorno al 3,00%.

Gli spread di credito (che rappresentano il differenziale di rendimento di un’obbligazione societaria privata rispetto a quello di un’obbligazione sovrana) rimangono altamente volatili, ma i margini ottenuti con le strategie di carry sembrano ancora interessanti sia nel segmento Investment Grade che in quello High Yield.

Il nostro scenario centrale

Le banche centrali di entrambe le sponde dell’Atlantico sono in missione per contrastare l’inflazione e i mercati sembrano trovarle convincenti, dato che le aspettative di inflazione a lungo termine sono diminuite. Le potenziali conseguenze sulla crescita potrebbero persino trattenere la Fed dal completare il suo ciclo di inasprimento monetario. In queste condizioni, i tassi d’interesse negli Stati Uniti dovrebbero stabilizzarsi ai livelli attuali (a meno che i prezzi dell’energia non vadano nuovamente fuori controllo). In Europa, il picco dell’inflazione non è previsto prima del quarto trimestre, per cui la volatilità dovrebbe rimanere piuttosto elevata e i tassi d’interesse dovrebbero salire ancora un po’ prima di stabilizzarsi. I mercati del credito hanno scontato gran parte delle cattive notizie e ci sembrano ancora interessanti ai livelli attuali.

Le valutazioni dei titoli azionari sono scese bruscamente, ma per il momento non sovrappesiamo le azioni in quanto la visibilità a breve termine è scarsa, soprattutto per quanto riguarda il rallentamento dell’economia. Tuttavia, in assenza di un trend evidente, gli investitori potrebbero approfittare della probabile ondata di volatilità delle prossime settimane per assumere posizioni contrarie sia al rialzo che al ribasso.

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