Asset allocation: bond investment grade di alta qualità, la vera alternativa all’equity

I rendimenti obbligazionari hanno toccato i massimi livelli. Ciò rappresenta un’altra causa di rallentamento per il mercato azionario, il quale ha faticato a trovare spazio quest’anno in vista dell’alta inflazione e del possibile scenario recessivo ormai delineatosi”. A farlo notare è  Giacomo Calef, Country manager di NS Partners, che di seguito spiega nel dettaglio la view.

Quando i tassi di interesse erano ai minimi storici, ad esempio successivamente alla crisi del 2008 e dopo la pandemia, era facile per gli investitori giustificare l’immissione di denaro nel mercato azionario, relativamente rischioso, ma con rendimenti elevati. Oggi questa dinamica è stata capovolta.

I rendimenti obbligazionari sono saliti ai massimi quest’anno a seguito dei rapidi aumenti dei tassi d’interesse della Fed e della Bce e il mercato si chiede se davvero valga ancora la pena investire nell’azionario. Meno del 16% delle azioni dell’S&P 500 ha dividend Yield superiori al rendimento del Treasury a due anni. Meno del 20% ha invece dividend Yield superiori ai Treasury a 10 anni. Questi numeri segnano il livello più basso dal 2006.

Dal grafico sottostante si può notare anche l’inversione della curva dei rendimenti dei Treasury a 2 e 10 anni, sintomo di una possibile recessione.

Per quanto riguarda le obbligazioni societarie, oggi potrebbe essere preferibile incrementare le esposizioni al credito Investment Grade di alta qualità.

Esaminando gli effetti sulle aziende, si nota che fortunatamente per gli investitori obbligazionari, le probabilità di default nel 2022 sono rimaste generalmente basse, mentre le dinamiche di ricavi e utili si sono dimostrate solide. Gli spread sono aumentati per gli Investment Grade sia in USA che in Europa, e in modo più accentuato nel mercato High Yield, ma con un diverso peso, rispecchiando un quadro divergente; quest’ultimo sconta una maggiore probabilità di recessione in Europa e il termine del sostegno del programma di acquisti della Bce.

Il settore bancario ed energetico dovrebbero continuare a generare alti rendimenti. Entrambi riusciranno a trasferire l’elevato costo del lavoro, contribuendo a conservare i loro margini.

Anche il settore delle telecomunicazioni e dei cavi può essere una valida soluzione secondo un’analisi condotta da Franklin Templeton Investments. Di conseguenza privilegiare i titoli Investment Grade, con duration basse per evitare un eccessivo rischio di prezzo e facendo molta attenzione all’esposizione creditizia e settoriale dell’emittente, può essere una valida alternativa al solo investimento in equity. Anche i titoli di Stato sono da considerare, sia per quanto riguarda i rendimenti, con il Treasury a 10 anni che rende attualmente il 3,5%, il Bund quasi 2% e il Btp più del 4%, sia per il minore impatto fiscale.

I principali partner commerciali della Cina

Il ministro del Commercio cinese a inizio anno ha affermato che farà tutto il possibile per stabilizzare il commercio e gli investimenti esteri. La Cina infatti, nonostante la battuta di arresto delle esportazioni di agosto, è riuscita ad aprirsi al commercio internazionale, raggiungendo livelli record. In tale contesto, va ricordato che nel 2020, dopo otto anni di negoziati, è stata siglata la “Regional Comprehensive Economic Partnership” (RCEP), un accordo storico che ha dato vita al blocco commerciale più grande al mondo. I firmatari sono i 10 membri dell’ASEAN più Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda, ma non gli Stati Uniti, la cui esclusione è un segnale evidente della loro perdita di peso strategico nella regione.

Il primo partner commerciale della Cina registrato nel corso del 2021 è il blocco del RCEP (paesi ASEAN, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda) con un valore totale di flussi commerciali di oltre USD 1,517 miliardi (31% del commercio cinese). Il Vietnam e la Malaysia sono i Paesi che hanno maggiormente contribuito alla crescita dell’interscambio Cina-ASEAN nel corso degli ultimi dieci anni.

Il secondo partner commerciale della Cina è l’Unione Europea che rappresenta il 13.7% del commercio internazionale cinese. Tra i paesi membri della UE primeggiano Germania, Olanda, Francia e Italia. Quest’ultima è il paese la cui quota di scambi è cresciuta più rapidamente nel 2021.

Il terzo partner commerciale della Cina sono invece gli Stati Uniti con una quota del 12.5%. Nonostante le tensioni tra i due paesi, nei primi 10 mesi del 2021 gli scambi tra Cina e USA sono cresciuti di circa il 33% rispetto al 2020. La Cina ha esportato principalmente apparecchiature radio, per un volume di oltre 220 mld di Dollari, computer, circuiti integrati, telefoni e materie prime quali petrolio, gas e tè. Negli ultimi due anni la Repubblica Popolare Cinese ha lasciato inoltre cadere le restrizioni che imponevano alle proprietà straniere partnership con brand locali. Questo provvedimento, varato a gennaio direttamente dal Ministero del Commercio cinese, punta a far sopravvivere il settore automotive alle nuove condizioni di mercato, ma soprattutto a lasciare campo libero ai marchi cinesi e a far diventare la Cina un epicentro automobilistico.

In conclusione, l’asse mondiale si sta spostando verso est. Pechino ne è consapevole e non esita a sfruttare la sua posizione privilegiata per ritagliarsi un ruolo di primo piano nel nuovo scenario, conducendo con sé i Paesi dell’ASEAN. Rimangono comunque fondamentali per la Cina, Stati uniti ed Europa.

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