Asset allocation: il New Deal della Fed e le conseguenze sui portafogli

Carlo De Luca, responsabile Asset Management e Alessio Garzone, analista, di Gamma Capital Markets

In termini macroeconomici, l’ultimo dato sull’inflazione (act. 8.3% surv. 8.1% prior. 8.5%) mostra un problema più difficile da domare, in quanto, secondo gli ultimi dati, potremmo trovarci di fronte ad un “colpo di coda” perchè non legata al rincaro dei prezzi dei beni “core” ma derivante ancora dai colli di bottiglia (difficoltà della supply chain) che, nonostante stiano rientrando, non riescono a scrollarsi di dosso il cosiddetto “effetto shelter” (ovvero la componente del paniere inflattivo americano rappresentata da beni rifugio, tra cui gli immobili) che hanno registrato un incremento dei prezzi a causa della volatilità dei mercati finanziari.

Tuttavia, si tratta di un effetto temporaneo, tanto che lo stesso Powell ha dichiarato che case e affitti tenderanno a scendere, decretando una diminuzione dell’inflazione.

Ciononostante, la strada è ancora lunga e di fronte a noi abbiamo probabilmente un peggioramento del quadro macro con qualche trimestre in recessione e disoccupazione in aumento e un nuovo obiettivo di tassi a 4,40%.

Memori dell’errore compito lo scorso anno quando la definivano “transitoria”, ora i banchieri centrali stanno ben attenti a non commettere altri passi falsi e preferiscono essere più aggressivi adesso per poter contare – nel prossimo futuro – su maggiori armi a disposizione quando il combinato disposto di recessione e perdita dei posti di lavoro non lascerà loro altra scelta se non quella di ricominciare ad attuare un taglio dei tassi.

Nel frattempo, però, i minimi di mercato potrebbero essere rotti (qualora il prossimo dato su inflazione fosse in peggioramento) e se il mercato dovesse scendere in maniera importante la Fed interverrebbe per evitare un nuovo credit crunch. Se invece l’inflazione a ottobre dovesse migliorare, la Fed non avrebbe motivo di discostarsi dal new deal lanciato a Jackson Hole, pertanto il mercato potrebbe convincersi che la banca centrale è determinata a proseguire nel solco dei rialzi e avere una forte reazione negativa (perché nuovamente deluso). Quella per noi sarebbe un’ottima occasione d’acquisto.

Dal nostro punto di vista, la Fed potrebbe mettere la retromarcia e lanciare un nuovo QE in un unico caso: qualora si innescasse una nuova crisi finanziaria da credit crunch. Per questi motivi, riteniamo che ad andare bene saranno le azioni Large Cap Growth sull’equity (quando i prezzi scenderanno ulteriormente saranno un’ottima buying opportunity) e i corporate bond euro tripla B a scadenza ravvicinata (4 anni).

L’obbligazionario Usa in questo momento per noi incorpora un rischio enorme; pertanto, preferiamo l’Europa su questa asset class. Stesso stress per l’azionario Value. I settori maggiormente favoriti sono la tecnologa innovativa, la biotecnologia, alternative energy e China ADR Technology perché (per il discorso di cui sopra) hanno già scontato tantissimo l’aumento dei tassi, già tagliato gli utili e fatturato futuro e sono a multipli che secondo i sistemi classici sono oltre il 50% sotto il fair value (che per titoli di crescita è una buy opportunity).

I più penalizzati secondo noi sono tutti i titoli ciclici area euro.
Nel mese di settembre per le Linee Flessibili abbiamo incrementato l’esposizione azionaria del 10%, portandola dal 45% al 55% circa. Attraverso un’attenta selezione di titoli, anche le Linee Long Only si sono comportate bene, riuscendo a tenere meglio rispetto agli indici di borsa e ai loro benchmark.

I due driver sotto la nostra attenzione sono un miglioramento dell’inflazione o il raggiungimento dei minimi di giugno, ed essendoci vicini, siamo pronti ad incrementare l’esposizione azionaria nei prossimi giorni.

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