Asset allocation, azioni: le tendenze nascenti secondo Robeco

Da metà giugno il rally in controtendenza dei mercati azionari ha portato un po’ di sollievo a seguito di una prima metà del 2022 alquanto turbolenta, che ha visto i mercati azionari andare in territorio ribassista. L’attuale mercato ribassista ha creato punti di ingresso e opportunità più interessanti. Il percorso dell’inflazione rimane fondamentale per i mercati azionari, poiché spesso si sono osservate significative inversioni di tendenza in corrispondenza dei picchi dell’inflazione, soprattutto in occasione di episodi di alta inflazione come quelli degli anni Settanta e dei primi anni Ottanta. Ad esempio, l’S&P 500 ha toccato il minimo nel giugno 1970 dopo il picco dell’inflazione nel febbraio 1970; nel dicembre 1974 dopo il picco del novembre 1974 e nell’aprile 1980 in coincidenza con il picco dello stesso mese.

I segnali di un picco dell’inflazione nella seconda metà del 2022 stanno aumentando con l’allentamento dei vincoli dell’offerta, mentre l’impulso inflazionistico dei prezzi delle materie prime, dell’agricoltura e dei beni primari si sta affievolendo. Inoltre, i mercati azionari, di norma, anticipano il ciclo economico e, a fine giugno 2022, avevano già scontato del tutto una lieve recessione. Tuttavia, i rischi di ribasso sono ancora presenti, poiché la riflessività nelle attuali dinamiche inflazionistiche potrebbe far sì che l’inflazione raggiunga il picco più tardi del previsto. Di conseguenza, un’eventuale recessione potrebbe risultare meno favorevole di quanto attualmente previsto. In breve, sebbene i rischi di ribasso persistano, il rapporto rischio/rendimento a breve termine per le azioni è diventato più favorevole alla luce della disinflazione che ci attende.

In questo scenario, ecco di seguito la view di Peter van der Welle, strategist Multi Asset di Robeco.

Guardando oltre l’attuale volatilità, cosa potrebbe succedere ai mercati azionari nei prossimi cinque anni?

In termini di ciclo del mercato azionario, ci troviamo in una fase di espansione tardiva che è stata dominata dalla compressione dei multipli, mentre la crescita degli utili sta ancora resistendo.

In prospettiva, ci sono tre tendenze secolari nascenti che esercitano una pressione al ribasso sui multipli, indipendentemente dalla fase del ciclo in cui ci si trova.

In primo luogo, non avevamo previsto che la Fed fosse così in ritardo rispetto alla curva, come testimonia il maggiore aumento dei rendimenti delle obbligazioni dei mercati sviluppati degli ultimi 40 anni. Poiché l’inflazione e, di riflesso, i tassi d’interesse nominali si sono spostati verso un livello più alto, rimanendo al di sopra del 3% nel 2023, nel nostro scenario di base rispetto all’anno scorso, il conseguente aumento del tasso di sconto nominale giustifica un rapporto prezzo-utili terminale più basso. La distribuzione storica delle valutazioni azionarie mostra inoltre che i livelli di valutazione dell’S&P 500 sono tipicamente più bassi nei regimi di inflazione più elevata.

In secondo luogo, c’è un’altra argomentazione secolare che suggerisce che gli investitori potrebbero chiedere di pagare meno per i flussi di cassa futuri, proprio perché questi flussi di cassa potrebbero diventare più volatili. Come sottolineano Ang (2014) e Bansal e Yaron (2004), la volatilità dei consumi è un fattore di rischio importante per la determinazione dei prezzi azionari.

La volatilità dei consumi nell’arco di cinque anni è aumentata nelle economie sviluppate da meno dell’1% al 6% dall’inizio della pandemia e non mostra segni di attenuazione. Nel nostro scenario di base, invece, entriamo in un regime di elevata volatilità dei consumi, poiché osserviamo uno spostamento delle preferenze di consumo (dai servizi ai beni) e una maggiore frequenza di shock che incidono sulla crescita dei consumi. L’incertezza che ne deriva sui flussi di cassa futuri impone agli investitori di richiedere premi di rischio ex ante più elevati per l’allocazione alle azioni.

In terzo luogo, le condizioni finanziarie sono fondamentali per valutare la direzione dei multipli azionari. Il grande cambiamento di regime che i titoli azionari devono affrontare oggi è la transizione da un regime di QE (Quantitative Easing) a un regime di QT (Quantitative Tightening). L’impatto sulla liquidità del QT potrebbe essere doppio rispetto a quello del QE, come si evince dalla fase di QT del 2017-2019, secondo questo studio. Nel nostro scenario di base, la Fed avrà ridotto il bilancio del 20% entro la fine del 2024, con una contrazione pari a 95 miliardi di dollari al mese a partire da settembre 2022.

Nella nostra ipotesi rialzista, i recenti shock energetici, climatici e geopolitici hanno un risvolto positivo per il lato dell’offerta dell’economia. Essi determinano una riduzione del costo unitario del lavoro e un aumento della produttività, sostenendo una redditività aziendale superiore al trend, anche sulla scia di una lieve recessione entro il 2023. Con la capacità e la volontà di spesa dei consumatori che tornano a superare i livelli tendenziali entro il 2024 senza esercitare una forte spinta inflazionistica grazie a un’offerta economica più elastica, la volatilità dei mercati azionari rimane contenuta. A causa dei livelli più bassi di avversione al rischio rispetto allo scenario di base, i rendimenti dei dividendi sono più bassi, poiché l’intensità degli investimenti è maggiore e i pay-out ratio calano. Inoltre, anche i rendimenti degli utili sono più bassi, poiché il grado di compressione dei multipli è ridotto. Per un investitore in euro prevediamo un rendimento del 9,25% per le azioni dei mercati sviluppati. I settori con un beta elevato, come le azioni dei mercati emergenti, sovraperformano.

Nella nostra ipotesi ribassista, le banche centrali non riescono a eliminare la causa dell’inflazione tagliando i tassi in modo troppo aggressivo durante la recessione successiva. I mercati riconoscono rapidamente l’orientamento inflazionistico delle banche centrali e, quando i tassi di interesse reali tornano a essere profondamente negativi, le banche centrali troppo accomodanti riaccendono un episodio di forte reflazione dei prezzi degli asset. Alla fine del 2025, le banche centrali si rendono conto di essere nuovamente in ritardo rispetto alla curva e intraprendono un ciclo di rialzi più aggressivo, rendendosi conto che è necessaria una recessione più profonda per domare l’inflazione. La recessione del 2027 si rivela altamente disinflazionistica, dato l’ampio grado di inasprimento eccessivo da parte delle banche centrali nel 2026. I mercati azionari sviluppati subiscono il peso maggiore in questi anni e terminano il 2027 con un rendimento quinquennale annualizzato del -2,5% per un investitore che utilizza l’euro.

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