Asset allocation, reddito fisso: gli investitori continuano a preferire gli Usa

I tassi di interesse sono ancora relativamente bassi, ma stanno crescendo rapidamente. L’inflazione resta ben al di sopra della media, a fronte di una crescita in rallentamento. Ciò chiaramente preoccupa gli investitori del settore obbligazionario.

In questo scenario, ecco di seguito la view di Francesco Lomartire, responsabile di SPDR ETFs per il Sud Europa.

Analizzando i fondamentali, le previsioni per l’ultimo trimestre del 2022 sono simili a quelle dei mesi scorsi. Il comportamento degli investitori, però, suggerisce che il peggio potrebbe essere ormai alle spalle. Infatti, durante un trimestre di estrema volatilità, gli investitori di lungo termine hanno acquistato in modo significativo Titoli di Stato americani a lunga scadenza. Al contempo, non osserviamo un elevato ottimismo al di fuori dei flussi sui Treasury. Complessivamente la domanda di obbligazioni governative indicizzate all’inflazione resta positiva. Per molti investitori, infatti, questi strumenti rappresentano una modalità per proteggersi da eventuali sorprese al rialzo dell’inflazione.

I flussi in entrata su obbligazioni maggiormente rischiose, sovrane e corporate, risultano ancora nettamente deboli. Ad esempio, gli acquisti di BTP Italiani si sono attestati nel 13° percentile su base trimestrale, mentre le obbligazioni in valute locali dei paesi emergenti nel 10° percentile. Ancora peggio sono andati i flussi di acquisto sui bond high yield americani, che ritroviamo soltanto al 9° percentile.

Infine, cosa che ci sorprende maggiormente, su base trimestrale gli investitori di lungo termine sono stati acquirenti netti dei gilts, i titoli di Stato britannici, riducendo il forte sottopeso che aveva caratterizzato l’ultimo quinquennio. Il tutto prima di essere colti di sorpresa dai movimenti di fine settembre, che hanno visto un’impennata dei rendimenti dei titoli governativi britannici.

Questi modelli di comportamento suggeriscono che, nonostante la forte incertezza che ancora aleggia sui mercati, gli investitori vedono i bond a scadenza lunga come un porto relativamente sicuro, anche grazie ai maggiori rendimenti attualmente offerti.

Il rischio dei titoli sovrani europei cresce

Le ripercussioni derivanti dal conflitto fra Russia ed Ucraina continuano a farsi sentire in Europa, anche in seguito al rally del prezzo del gas, che pesa notevolmente sulle aziende del Vecchio Continente.

Nell’eurozona, così come nel Regno Unito, il rischio di una stagflazione appare elevato. Sia la Banca Centrale Europea che la Banca d’Inghilterra stanno progressivamente recuperando il loro ritardo nella fase di restrizione monetaria, in un contesto obbligazionario estremamente complesso, talvolta esacerbato anche dalle vicende politiche dei singoli paesi.

Considerando come la stagflazione sia stata più volte menzionata come un possibile scenario per il Regno Unito, non è sorprendente che gli investitori abbiano in precedenza ridotto la loro esposizione sui titoli di Stato britannici ai livelli più bassi registrati da quasi cinque anni. Anche il debito sovrano italiano è risultato sotto pressione, in un mix fra rischi politici e timori di recessione.

Inflazione europea ancora in crescita

Le forti oscillazioni dei prezzi del gas naturale causate dalle interruzioni degli approvvigionamenti dalla Russia rappresentano un problema di grande rilievo per la maggior parte dei paesi europei. Nonostante il complesso scenario e l’effetto a catena derivante dai rincari del settore energetico, l’inflazione è però ancora in crescita in Europa.

Un interessante elemento di analisi è dato dal fatto che l’inflazione dello scorso trimestre in Germania, UK e Italia, stando ai dati PriceStats, sia stata più elevata di quella americana. Anche i dati governativi sono simili. Inoltre, nell’ultimo sondaggio della BCE le aspettative per l’inflazione a tre anni sono salite appena sopra la soglia del 3%, mentre un simile sondaggio realizzato dalla Fed mette in luce come tale valore negli Usa sia sceso al 3,2%. In breve, il divario per quanto riguarda l’inflazione di lungo termine fra Europa e Stati Uniti si sta assottigliando velocemente e sensibilmente.

Una simile tendenza è stata osservata anche nelle aspettative per l’inflazione a cinque anni, ancora in crescita in Europa, a fronte di un calo negli Stati Uniti.

Le aspettative per nuovi aumenti dei tassi da parte delle banche centrali ed i timori di recessione restano il tema centrale nel settore del credito. Ma per le esposizioni in titoli investment grade, gli elevati spread verso i titoli di Stato e gli elevati rendimenti potrebbero attrarre un crescente numero di investitori.

Per il secondo trimestre consecutivo continuiamo a privilegiare il credito investment grade. In particolare, sul versante europeo ci siamo focalizzati su scadenze più brevi. Questo orientamento ha protetto i portafogli anche durante il breve sell-off di settembre. Riteniamo che numerosi aspetti dell’esposizione al credito investment grade possano essere interessanti anche in questo fine anno. Resta tuttavia chiaro che uno dei temi chiave sui mercati siano al momento gli ampi spread creditizi. In Europa, dove i problemi di approvvigionamento energetico sono più marcati, gli spread sono appena 25 punti base inferiori rispetto ai picchi toccati durante la pandemia da COVID. Questo, almeno in parte, è dovuto al fatto che la BCE non sta più comprando titoli societari. Sembra tuttavia che vi sia un certo rallentamento del mercato creditizio già prezzato negli attuali valori dei bond investment grade europei.

Gli spread potrebbero tuttavia ampliarsi ulteriormente se il deterioramento degli indicatori congiunturali dovesse peggiorare nei prossimi mesi. Va però detto che quest’ultimo scenario influirebbe sulle politiche monetarie delle banche centrali, verosimilmente determinando un rallentamento del processo di rialzo dei tassi.

Poche evidenze in merito ad un peggioramento della qualità del credito

I tassi bassi del 2020 e 2021 hanno permesso alle aziende di finanziarsi a livelli estremamente favorevoli.

Ciò dovrebbe rappresentare un punto di forza per queste aziende nel 2023, anche se è atteso un sostanziale rallentamento della crescita. Complessivamente, nel 2022 si sono registrati soltanto segnali marginali riguardo al peggioramento della qualità del debito aziendale. Il terzo trimestre ha fatto registrare un calo del rapporto fra upgrade e downgrade per gli emittenti investment grade, ma questo valore è sceso sotto l’uno soltanto in Europa per Moody’s (0,66). Al di fuori del mercato europeo il numero di “fallen angels” (società IG declassate a non IG) resta relativamente basso se comparato con le tradizionali medie storiche.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!