Asset allocation: ecco su cosa puntare con un’inflazione che fatica a scendere

Con l’inflazione che viaggia intorno all’8%, il compito della FED non è sicuramente agevole nel riportarla nell’intorno del 2% e garantire così la stabilità dei prezzi. Diversi sono gli economisti che guardano alle mosse della FED con sospetto e che ipotizzano una profonda recessione si i rialzi continuano con questa intensità.

Ci sono inoltre diversi senatori democratici che, guardando alle elezioni di metà mandato, accusano la FED di ignorare la vita di milioni di americani con i suoi aumenti del costo del denaro che rischiano di mettere in ginocchio l’economia senza far calare l’inflazione.

Alle critiche, Powell risponde che la stretta monetaria non è esagerata di fronte all’intensità dell’inflazione. E in ogni caso, se le decisioni si rivelassero troppo dure per l’economia, la FED ha tutti gli strumenti per sostenerne la ripresa. Del resto, l’inflazione ha già cominciato a mettere le radici (e lo vediamo da quella core salita al 6,3%) in gran parte dei settori produttivi con rischi decisamente peggiori di una recessione controllata.

Al momento nessuno sa con certezza se ci sarà una recessione, anche se la direzione sembrerebbe (il condizionale è d’obbligo) tuttavia essere quella, quando potrebbe essere lunga e soprattutto profonda. Nonostante i sei aumenti dei tassi dall’inizio dell’anno, l’economia USA, seppur in pilotato rallentamento rispetto al 2021, rimane solida e con un mercato del lavoro forte.

Secondo i mercati, il possibile rallentamento economico, unito a una distensione delle catene di approvvigionamento, sarebbero sufficienti per aprire la strada ad una contrazione dell’inflazione. Che detto in altri termini significa che il picco è già stato raggiunto.

I mercati potrebbero però commettere l’errore di convincersi che i prezzi al consumo scenderanno rapidamente così come cresciuti. Nulla di più sbagliato, tanto più se si pensa che l’inflazione ha ormai assunto, come argomentavamo, caratteristiche strutturali come dimostra il dato core. Siamo convinti che prezzi al consumo, stimati attorno al 5% il prossimo anno, possano giustificare una FED ancora aggressiva e dunque tassi d’interesse sopra il 4,5% a dicembre.

Un altro errore che gli investitori non devono commettere è quello di sottovalutare i rischi di una recessione. Secondo un sondaggio effettuato dal BofA, nonostante il 68% degli investitori dica di ritenere probabile una recessione negli USA, quasi nessuno pare crederci davvero. E comunque se proprio dovesse accadere si rivelerebbe, come sostiene Goldman Sachs, senza gravi conseguenze. In sostanza un’economia che atterra dolcemente e con un PIL che scende nell’intorno dello zero nel 2022 per poi risalire intorno all’1% nel 2023.

Credere che le cose possano migliorare nei prossimi mesi, con i consumi in lento declino, il mercato immobiliare in contrazione e l’attività nel settore servizi in netto calo, è più un atto di fede.

Quali sono gli investimenti contro un’inflazione che fa fatica scendere?

Secondo i classici canoni di investimento i migliori investimenti con alta inflazione sono: immobili, ETF legati all’inflazione, oro e diamanti, materie prime e obbligazioni a breve termine. Rispetto alla recessione passate tuttavia quella che si prospetta presenta caratteristiche parzialmente diverse: arriva dopo una pandemia mondiale che ha frenato una crescita economica già in fase di stanca, arriva nel bel mezzo di una guerra, è in buona parte dovuta ad un aumento dei costi (soprattutto dell’energia) e arriva dopo che i mercati sono stati a lungo abituati ad avere le banche centrali al loro fianco.

Ma diverse anche per l’atteggiamento delle banche centrali super determinate a stroncare la crescita dei prezzi non coniugata alla crescita economica. Rimane vero che l’inflazione è un razzo a salire e una piuma a scendere, ma le banche centrali potrebbero aver cambiato la forza di gravita.

Il mix di queste considerazioni ci porta a preferire l’investimento azionario rispetto a tutti gli altri (che comunque riteniamo validi sotto un profilo di diversificazione). Titoli di società che presentano alcune caratteristiche particolari. Tra queste: livelli bassi di indebitamento; marginalità sostenibile e vantaggi competitivi chiari; controllo delle catene di fornitura (preferibilmente corte), produzione di cassa. Caratteristiche che per le piccole e medie imprese è più semplice rispettare, grazie alla maggiore agilità e flessibilità operativa e decisionale.

A cura di Antonio Tognoli, responsabile macro analisi e comunicazione di Cfo Sim

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!