Investimenti: attenzione alle divergenze e ai cambi di rotta

L’esuberante risposta ai dati sull’inflazione dello scorso giovedì indica che i mercati sono pronti per un “cambio di rotta”. Tuttavia, è possibile che la reazione sia stata eccessiva? Ecco di seguito in quest’ottica la view di Erik L. Knutzen, Chief Investment Officer — Multi-Asset Class di Neuberger Berman.

Nel 2023 assisteremo con tutta probabilità al picco dell’inflazione, dell’inasprimento delle politiche monetarie, dei rendimenti obbligazionari e della volatilità di mercato, e registreremo dei minimi per quanto riguarda la crescita del PIL, degli utili aziendali e delle valutazioni di mercato.

Ci troviamo in un contesto fatto di divergenze e cambi di passo potenziali

Quanto può divergere l’inflazione (così come la reazione da parte delle banche centrali) dalla crescita economica? Quanto dovrà scendere l’inflazione prima di assistere ad un cambio di rotta da parte delle autorità monetarie che, a sua volta, getterà le basi per una svolta sui versanti della propensione al rischio e della crescita?

L’esuberante risposta ai dati pubblicati lo scorso giovedì, che hanno messo in evidenza un rallentamento maggiore del previsto dell’inflazione primaria e core negli Stati Uniti, indica che i mercati sono pronti per un potenziale cambio di passo: rimbalzano a ogni segnale positivo su questo fronte e sembrano ansiosi di scontarne una significativa riconvergenza.

Il ritorno alla “vecchia normalità”

Questo ci porta però alla nostra seconda idea. La bilancia, a nostro parere, non penderà verso la “nuova normalità” che abbiamo vissuto post-2008, ma verso la “vecchia normalità” del periodo pre-2008, o perfino pre-2000, caratterizzata da un minor grado di globalizzazione, da inflazione, tassi e costo del capitale strutturalmente più elevati e valutazioni degli asset finanziari strutturalmente più basse.

In altre parole, riteniamo che la reazione dei mercati ai dati sull’inflazione della scorsa settimana sia eccessiva, poiché stanno scontando la possibilità che l’inflazione rimanga confinata tra il 3 e il 4% per un lungo periodo di tempo.

Questo fatto ci porta, più in generale, direttamente alla nostra terza idea. Poiché nel 2022 inflazione e tassi hanno subito una rapida correzione al rialzo e all’orizzonte non intravediamo nel breve una svolta tale da provocare una riconvergenza verso la normalità post-2008, riteniamo che la crescita di inflazione e tassi abbia iniziato solo ora a produrre i propri effetti.

La divergenza del Giappone

Prendiamo ad esempio un’altra divergenza rispetto alla quale appare necessario un cambio di rotta, ovvero la disconnessione della politica monetaria giapponese da gran parte del resto del mondo.

La Bank of Japan non solo rimane saldamente ancorata a tassi d’interesse a breve termine negativi, ma continua anche ad acquistare titoli di Stato a lunga scadenza nell’ambito della propria politica di “controllo della curva dei rendimenti”. Lo yen, di conseguenza, ha toccato i minimi degli ultimi 30 anni. Le autorità monetarie hanno espresso il proprio timore di un “forte overshooting dell’inflazione”, già vicina ai massimi degli ultimi 30 anni. Alla banca centrale, per giunta, non rimangono letteralmente titoli da acquistare nelle tre scadenze della curva dei rendimenti su cui è concentrata.

Ciononostante, qualora i dati sull’inflazione USA dello scorso giovedì consentissero alla Federal Reserve di mettere per prima in atto un cambio di rotta, la Bank of Japan potrebbe non doverlo fare affatto.

A causa della nostra view sull’inflazione negli Stati Uniti, tuttavia, abbiamo poche speranze. Anche se le tempistiche sono difficili da indovinare, siamo convinti che la Bank of Japan sarà costretta a mettere in atto un cambio di passo importante e, proprio come la pensano gli stessi responsabili della banca centrale nipponica, riteniamo che questo potrebbe avere effetti dirompenti sull’economia locale.

Anticipazioni

Le politiche monetarie giapponesi possono risultare sostenibili solo nell’eventualità di un ritorno alla “nuova normalità” post-2008. E riteniamo che questo sia vero anche per molti altri governi, aziende e consumatori che, nell’arco di un decennio, si sono abituati a tassi vicini allo zero.

Nel corso dei prossimi uno o due anni la capacità del tessuto economico di assorbire tassi strutturalmente più elevati sarà verosimilmente essenziale. L’esposizione delle società all’aumento dei costi e la loro abilità di scaricarli alimenterà probabilmente un’ampia dispersione di margini e performance dei titoli azionari. Nonostante la volatilità a cui abbiamo già assistito nel 2022, è possibile che i mercati non abbiano ancora mostrato tutta la propria fragilità in questo nuovo contesto economico.

È per questo che, a nostro avviso, gli investitori dovrebbero affrontare il prossimo anno con cautela e, come spieghiamo nell’ultimo dei 10 temi contenuti nelle nostre Soluzioni per il 2023, dovrebbero avere un occhio di riguardo per le opportunità tattiche. Riteniamo che la volatilità generata dai cambi di rotta, che vi abbiamo appena presentato, possa continuare a offrire un contesto favorevole per le strategie alternative, come le strategie global macro, nonché creare opportunità di valore negli asset da noi favoriti per il lungo periodo, come i titoli sensibili all’andamento dell’inflazione, i titoli azionari e i crediti corporate di alta qualità, e le società non quotate. E mentre tassi più elevati diventano una realtà consolidata nel sistema attuale, ravvisiamo sempre più opportunità di fornire soluzioni private di capitale a livelli interessanti o perfino distressed grazie alle ristrutturazioni in corso delle strutture di debito.

Se il 2022 è considerato l’anno in cui inflazione e tassi d’interesse si sono adattati alla nuova realtà, il 2023 sarà con tutta probabilità quello in cui dovremo tutti adattarci a questo nuovo mondo.

 

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