Asset allocation. azionario: la view di Lgim sul rally attuale

La settimana passata è stata archiviata come un arco temporale estremamente positivo, sia per gli asset conservativi che per quelli più rischiosi: rispetto al venerdì precedente, le azioni statunitensi hanno guadagnato oltre il 5%, mentre il rendimento dei Treasury si è ridotto di circa 35 punti base (Bloomberg, 11 novembre 2022), il tutto a poche ore di distanza sulla divulgazione dei dati sull’inflazione USA, i quali hanno rivelato che la crescita annua dei prezzi al consumo è stata del 7,7%, e quindi leggermente inferiore all’8% previsto dai maggiori economisti. Ma uno scarto così minimo, seppur positivo, è sufficiente a giustificare l’euforia che si è diffusa sui mercati? Ecco di seguito la view degli esperti di Legal & General Investment Management (Lgim).

A quanto pare, in questo caso la risposta è sì, dato che due sentimenti molto potenti hanno preso il sopravvento in un “luogo” spesso descritto come il risultato di un contrasto tra paura e avidità: il sollievo e la speranza.

Gli investitori si permettono di sognare

Il sollievo di cui sopra deriva dal fatto che l’indice dei prezzi al consumo core negli USA ha superato le stime 8 volte nelle ultime 12 previsioni e questo ha spinto i mercati a posticipare sempre di più la data in cui l’inflazione si sarebbe instradata verso gli obiettivi della Federal Reserve; il tutto mentre si accumulavano le opinioni secondo le quali sarebbe stata solo un fenomeno transitorio. In altre parole, i mercati si sono abituati a vedere le stime disattese, quindi, anche una piccola flessione ha portato grande euforia. Inoltre, bisogna considerare che gli ultimi 12 mesi sono stati particolarmente parchi di soddisfazioni per gli investitori, con la liquidità che l’ha fatta da padrona in un contesto di rendimenti obbligazionari in crescita e mercati azionari in difficoltà e ora che la variazione dell’IPC sembra essersi ridotta, questi ultimi possono permettersi di sperare che il peggio sia passato e che ci troviamo alla fine del ciclo di rialzi dei tassi d’interesse. Tuttavia, anche se adesso riteniamo che quel momento sia sempre più vicino, non significa che dobbiamo spostarci fortemente verso gli asset più rischiosi in vista di una forte crescita entro la fine dell’anno, o si rischia che questa speranza ci uccida.

Può durare?

Noi di LGIM riteniamo che, nonostante il recente rally, l’entrata in recessione sia ancora molto probabile e l’avvicinarsi di questa rafforzerà l’idea che i rendimenti azionari abbiano raggiunto il loro picco e, inoltre, farà sorgere dei dubbi sulle prospettive delle stesse società; infatti, nonostante i tassi di sconto ridotti, assicurarsi una stabilità azionaria è ancora molto difficile. Per questo motivo, a nostro avviso è probabile che la reazione positiva dei mercati sarà più duratura nel comparto dei rendimenti obbligazionari, rispetto al comparto equity.

Inoltre, con il periodo della pubblicazione dei bilanci che si sta avviando a una sua conclusione, si può osservare come le previsioni per il futuro stiano diventando più pessimiste, con le stime sugli utili per i prossimi 12 mesi che si sono già ridotte dello 0,8% dopo la pubblicazione dei risultati per il secondo trimestre. Se si aggiunge che, dopo il terzo trimestre le stime si sono ridotte di un ulteriore 2,5% e che stanno continuando a contrarsi, riteniamo che la crescita degli utili per il 2023 si attesterà al 4%. Infine, guardano al quarto trimestre, le previsioni si sono già ridotte del 5% rispetto all’inizio di ottobre – oltre i normali correttivi che solitamente vediamo in questo periodo dell’anno. Se questo fosse vero, il Q4 farebbe ancora registrare un segno positivo, ma confermerebbe le nostre previsioni di inizio anno, ovvero che il trend di crescita degli utili si fermerebbe sul finire del 2022.

Una visione dall’alto

Questo andamento ci viene confermato anche da Goldman Sachs, che ha ridotto le sue previsioni per il 2023 da +3% a 0%. Inoltre, è importante considerare che moltissime imprese di qualsiasi settore non sono riuscite a raggiungere gli obiettivi che si erano prefissate per il Q3, con le big tech che sono state le maggiori protagoniste del biasimo. Non a caso, a seguito delle pubblicazioni dei risultati nel terzo trimestre, abbiamo dovuto rivedere al ribasso le stime per il comparto tecnologico, finanziario e industriale per un range compreso tra il 12% e il 15%. Solamente le stime per i comparti non ciclici sono rimaste pressoché inalterate, mentre quelle del settore energetico sono cresciute notevolmente. In totale, il 71% delle previsioni sulle performance societarie è stato ridimensionato, evidenziando come la debolezza degli utili sia un problema troppo esteso per essere idiosincratico e che, quindi, è molto più probabile che dipenda da fattori macroeconomici.

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