Investimenti: ecco perchè ora più mai serve una gestione attiva dei portafogli

Difficile che nel corso della settimana i mercati possano prendere una direzione definita, sia perché ci sono alcuni giorni festivi sia perché gli investitori aspettano le decisioni delle banche centrali il prossimo 14 e 15 dicembre.

Oggi proviamo ad allungare l’orizzonte temporale di previsione e cerchiamo di capire quali saranno i key drivers che guideranno i mercati finanziari nel prossimo biennio. Quello che ci sentiamo di affermare senza paura di essere smentiti è che l’era dei tassi a zero o addirittura negativi è finita. Il cambio di regime è definitivo e ci sta portando gradualmente verso una nuova era.

Gli investitori più esperti potrebbero vedere in questa situazione un ritorno a tempi simili al periodo precedente alla crisi finanziaria globale del 2008. Ma questo è ancora da capire. Per il momento, il paragone più appropriato sembra essere quello con la fase di stagflazione sperimentata tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80. Anche se oggi il ruolo delle banche centrali è molto più importante e strategico per i mercati finanziari rispetto a quello di 40/50 anni fa.

Per i mercati finanziari una differenza di non poco conto è rappresentata dall’attenta politica di comunicazione della FED (un po’ meno attenta quella della BCE) che consente ai mercati finanziari di anticipare forse meglio del passato le fasi di ripresa/flessione. Il rovescio della medaglia, se vogliamo, è che eventuali errori di interpretazione delle banche centrali (i.e. l’inflazione è temporanea), possono portare i mercati a valutazioni errate. Le successive correzioni verso l’equilibrio, oltre a generare un incremento della volatilità, risultano sempre più veloci e profonde.

Decisamente più strategica rispetto al passato appare quindi una gestione attiva del portafoglio che consenta flessibilità e velocità di azione in modo da non subire il mercato in modo pro ciclico.

Detto questo, vediamo quali sono le stime economiche per il prossimo anno. Come abbiamo sottolineato diverse volte, crediamo che l’economia USA entrerà in recessione nei primi tre trimestri del 2023 (magari poco profonda e tecnica), prima di tornare a crescere. Ci aspettiamo che la FED modererà il ritmo dei rialzi, ma i tassi raggiungeranno il 5% all’inizio del 2023. Tassi di interesse più elevati, una spesa pubblica meno generosa e un’inflazione più elevata dell’obiettivo sono tutti fattori che riducono la capacità di spesa delle famiglie.

Le aziende risponderanno all’indebolimento della domanda rallentando la produzione e riducendo anche la domanda di lavoro. E’ probabile che l’inasprimento della politica monetaria possa essere ancora abbastanza severo da far salire il tasso di disoccupazione USA (anche se difficilmente si vedrà un dato superiore al 4%), condizione necessaria non solo per un calo della domanda delle famiglie, ma anche per un allentamento delle pressioni inflazionistiche.

A differenza degli USA, la recessione europea non sarà causata dall’inflazione interna e dall’aumento dei tassi di interesse. Al contrario, l’impennata dei costi energetici legata alla guerra in Ucraina si è dimostrata abbastanza grave da causare un calo della produzione.

Che cosa ci possiamo aspettare ancora dai dati economici?

Crediamo che ci possano essere ancore tre picchi da raggiungere. Il primo è quello dei tassi di interesse di interesse, vicino negli USA (non ancora in Europa), il secondo è quello dell’inflazione che le banche centrali provano a spegnere aumentando i tassi, ma che solo una recessione globale farà scendere verso l’obiettivo del 2%. Il terzo picco è quello del dollaro che può scendere ancora favorendo i mercati emergenti, di fatto gli unici con promettenti prospettive macro.

Una volta superati i tre picchi le prospettive dovrebbero decisamente migliorare. Le perdite dei mercati possono far da base per i prossimi guadagni e ovviamente la tempistica d’ingresso fa la differenza tra guadagnare o perdere.

Il nostro suggerimento è quello che concentrarsi sugli obiettivi a lungo termine e attenersi ai principi di un portafoglio globalmente diversificato di azioni e bond.

A cura di Antonio Tognoli, responsabile macro analisi e comunicazione di Cfo Sim

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