Negli ultimi 20 anni, il principale indice azionario EM ha infatti registrato una volatilità di circa 2,5 volte superiore a quella dei principali indici di debito in valuta forte, sia sovrani sia societari. In termini assoluti, i titoli azionari EM hanno generato rendimenti più elevati in questo arco di tempo; tuttavia, se corretti per la volatilità, i rendimenti del debito sono superiori di circa il 40% rispetto ai titoli azionari emergenti.
Alla luce di queste considerazioni, Payden & Rygel, che gestisce oltre 9,9 miliardi di dollari in strategie di debito EM, ritiene vi sia attualmente una sotto-allocazione alla classe di attivo. In effetti, il peso del debito emergente nei portafogli istituzionali resta ancora limitato: in base alla nostra esperienza, vediamo, generalmente, circa il 4-6% allocato in questa asset class. Tuttavia, osserviamo che molti istituti mantengono un’allocazione inferiore – tra il 2 e il 3% – e molti non hanno addirittura alcuna esposizione. Il team di Payden ritiene che queste ponderazioni siano, nella migliore delle ipotesi, modeste, dato che il debito sovrano e societario denominato in dollari assieme al debito sovrano locale EM ammontano, in totale, a circa 6 miliardi di dollari. Questo dà un’idea dell’universo investibile dei Paesi emergenti e il confronto con classi di attivi analoghe come l’High Yield statunitense gioca a favore dei primi.
Nell’attuale congiuntura economica, un vantaggio per gli EM è dato dal fatto che molte delle maggiori Banche Centrali dei mercati emergenti hanno iniziato ad aumentare i tassi ben prima della Federal Reserve e di altre economie avanzate. Si rileva, ad esempio, la forte performance delle valute EM non europee, che hanno registrato rendimenti positivi dell’1,6% rispetto al dollaro nel dicembre 2022. Parte di questo risultato è stato sostenuto dalle valute dell’America Latina, in particolare il real brasiliano, il peso messicano e il sol peruviano.
Per quanto riguarda il timore che alcune economie più piccole abbiano vissuto un periodo di crisi o sofferenza quest’anno, occorre sottolineare come le dimensioni di tali economie rispetto all’universo EM siano effettivamente ridotte. Ad esempio, il PIL di Ghana e Sri Lanka è risultato inferiore a 100 miliardi di dollari nel 2021, laddove nello stesso anno il PIL totale dei mercati emergenti si è attestato a 44.000 miliardi di dollari (26.500 miliardi di dollari senza la Cina). Tutto questo per affermare che, sebbene vi siano casi di crisi o sofferenza all’interno degli EM, non riteniamo vi siano attualmente rischi sistemici.
Si sottolinea, dunque, l’importanza delle strategie di investimento a gestione attiva per ottimizzare i rendimenti in questo settore. La parte meno efficiente del debito EM, infatti, richiede una gestione più agile e attenta alla liquidità. La replica degli indici del debito emergente pone delle sfide precise. Le decisioni degli investitori di entrare e uscire dai fondi passivi nei momenti inopportuni possono esacerbare i ribassi, soprattutto nei periodi di “drawdown”. D’altra parte, come abbiamo visto, gli investitori che hanno avuto pazienza con il debito dei paesi emergenti sono stati premiati.