Asset Allocation: le opportunità nel mercato del debito emergente

Il debito dei mercati emergenti (EM) rappresenta al momento un’asset class sottoutilizzata, in grado di offrire rendimenti e diversificazioni interessanti per gli investitori“. Parola del team di Payden & Rygel, ritiene quindi opportuno un aumento dell’esposizione al debito emergente nel corso del 2023, anche perché questa asset class offre un miglior rendimento per unità di rischio rispetto alle azioni dei mercati emergenti.

Negli ultimi 20 anni, il principale indice azionario EM ha infatti registrato una volatilità di circa 2,5 volte superiore a quella dei principali indici di debito in valuta forte, sia sovrani sia societari. In termini assoluti, i titoli azionari EM hanno generato rendimenti più elevati in questo arco di tempo; tuttavia, se corretti per la volatilità, i rendimenti del debito sono superiori di circa il 40% rispetto ai titoli azionari emergenti.

Alla luce di queste considerazioni, Payden & Rygel, che gestisce oltre 9,9 miliardi di dollari in strategie di debito EM, ritiene vi sia attualmente una sotto-allocazione alla classe di attivo. In effetti, il peso del debito emergente nei portafogli istituzionali resta ancora limitato: in base alla nostra esperienza, vediamo, generalmente, circa il 4-6% allocato in questa asset class. Tuttavia, osserviamo che molti istituti mantengono un’allocazione inferiore – tra il 2 e il 3% – e molti non hanno addirittura alcuna esposizione.  Il team di Payden ritiene che queste ponderazioni siano, nella migliore delle ipotesi, modeste, dato che il debito sovrano e societario denominato in dollari assieme al debito sovrano locale EM ammontano, in totale, a circa 6 miliardi di dollari. Questo dà un’idea dell’universo investibile dei Paesi emergenti e il confronto con classi di attivi analoghe come l’High Yield statunitense gioca a favore dei primi.

Nell’attuale congiuntura economica, un vantaggio per gli EM è dato dal fatto che molte delle maggiori Banche Centrali dei mercati emergenti hanno iniziato ad aumentare i tassi ben prima della Federal Reserve e di altre economie avanzate. Si rileva, ad esempio, la forte performance delle valute EM non europee, che hanno registrato rendimenti positivi dell’1,6% rispetto al dollaro nel dicembre 2022. Parte di questo risultato è stato sostenuto dalle valute dell’America Latina, in particolare il real brasiliano, il peso messicano e il sol peruviano.

Per quanto riguarda il timore che alcune economie più piccole abbiano vissuto un periodo di crisi o sofferenza quest’anno, occorre sottolineare come le dimensioni di tali economie rispetto all’universo EM siano effettivamente ridotte. Ad esempio, il PIL di Ghana e Sri Lanka è risultato inferiore a 100 miliardi di dollari nel 2021, laddove nello stesso anno il PIL totale dei mercati emergenti si è attestato a 44.000 miliardi di dollari (26.500 miliardi di dollari senza la Cina). Tutto questo per affermare che, sebbene vi siano casi di crisi o sofferenza all’interno degli EM, non riteniamo vi siano attualmente rischi sistemici.

Si sottolinea, dunque, l’importanza delle strategie di investimento a gestione attiva per ottimizzare i rendimenti in questo settore. La parte meno efficiente del debito EM, infatti, richiede una gestione più agile e attenta alla liquidità. La replica degli indici del debito emergente pone delle sfide precise. Le decisioni degli investitori di entrare e uscire dai fondi passivi nei momenti inopportuni possono esacerbare i ribassi, soprattutto nei periodi di “drawdown”. D’altra parte, come abbiamo visto, gli investitori che hanno avuto pazienza con il debito dei paesi emergenti sono stati premiati.

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