Mercati emergenti, Brasile: non tutti i mali vengono per nuocere

Quanto si era temuto potesse accadere dopo le elezioni presidenziali in Brasile si è purtroppo verificato domenica scorsa. Una grande folla di sostenitori dell’ex presidente sconfitto Jair Bolsonaro ha attaccato il palazzo presidenziale, il palazzo del Congresso e il palazzo della Corte Suprema a Brasilia. In scene che ricordano le rivolte del 6 gennaio 2021 a Washington, DC, la folla si è fatta strada negli edifici causando numerosi danni. Fortunatamente, essendo domenica, i funzionari non erano al lavoro e non hanno quindi subito alcuna minaccia fisica. La polizia federale è intervenuta per riportare l’ordine e, secondo i media brasiliani, circa 1.500 persone sono state arrestate.

Come per gli eventi di Washington DC di due anni fa, i manifestanti contestavano la legittimità delle elezioni presidenziali di ottobre che avevano visto il vincitore, Lula, prevalere su Bolsonaro con uno scarso margine dell’1,8% dei voti. Come negli Stati Uniti, non c’erano indicazioni oggettive che qualcosa potesse non aver funzionato determinando un risultato sbagliato. Come per le elezioni americane del 2020, il presidente uscente non ha mai accettato la sconfitta e non ha partecipato all’inaugurazione del suo successore, anche se ha incaricato i suoi funzionari di lavorare con lo staff di Lula alla transizione. Bolsonaro non era presente agli eventi di Brasilia e li ha condannati. La principale differenza rispetto agli eventi negli Stati Uniti sembra essere stata la speranza dei manifestanti a Brasilia di ottenere il supporto delle forze armate brasiliane per ribaltare il risultato elettorale. Lo stesso Bolsonaro era stato un ufficiale dell’esercito brasiliano prima di entrare in politica ed è un ammiratore dichiarato del governo militare che ha governato il Brasile dal 1964 al 1985.

Per fortuna l’esercito è rimasto fedele alla costituzione, dimostrando che le istituzioni democratiche in Brasile sono solide. Questa è la buona notizia che possiamo trarre da questi drammatici eventi.

Politicamente, Lula esce da questo fine settimana più forte di prima. Anche se non è chiaro se Bolsonaro sia stato personalmente coinvolto, il Partito Liberale, che è il più grande partito del nuovo Congresso, lo stesso troverà più difficile stringere alleanze con forze politiche più moderate. Il Partito dei Lavoratori di Lula, con solo il 12% del Congresso stesso, troverà più facile trovare i voti per attuare il suo programma legislativo. Ciò aiuterà la stabilità politica, anche se a costo di scelte politiche più di sinistra.

A lungo termine, dovremmo essere preoccupati per l’emergere di una società politicamente più polarizzata. Speravamo che dopo i fatti di due anni fa negli Stati Uniti, i politici statunitensi si guardassero allo specchio e decidessero di parlare un po’ meno e di ascoltare un po’ di più. Non è successo. Quindi, è possibile che non accada neanche in Brasile. Ma ci vorrà un po’ per scoprirlo.

In questo scenario, ecco di seguito la view in ottica di investimento di Stefan Benedetti, Senior Portfolio Manager Distressed, Stressed and High Yielding Debt di Plenisfer Investments SGR.

Quale impatto hanno avuto questi eventi sui mercati finanziari?

I mercati hanno reagito con calma. Azioni, obbligazioni e il real (la valuta brasiliana) si sono mossi solo marginalmente, e sicuramente meno che negli ultimi due mesi durante i quali Lula ha nominato il ministro delle finanze e il vertice di Petrobras.

Il Brasile esce dagli anni del Covid con un rapporto debito/Prodotto Interno Lordo (“PIL”) del 70%, atteso in ulteriore aumento anche alla luce della decisione dello scorso dicembre di rimuovere la norma costituzionale che vietava di lasciar crescere il debito più del PIL. Il programma di Lula non include misure volte al contenimento del debito, mentre dovrebbero essere varate nuove politiche di welfare e misure fiscali a sostegno di un’economia anemica e attesa in possibile recessione tecnica nel primo semestre dell’anno. In ogni caso, Lula avrà difficoltà a replicare gli ingenti programmi di spesa che hanno caratterizzato il suo mandato dal 2003 al 2010, ma certamente ci proverà.

Guardando agli aspetti positivi, una buona parte del debito nazionale è denominato in valuta domestica, l’inflazione sembra tornata sotto controllo e il Brasile è produttore di beni come petrolio, gas, cibo e metalli, molto richiesti in tutto il mondo. Le aziende brasiliane, a nostro avviso, sono ben posizionate per trarre vantaggio dalle dislocazioni globali e per far fronte allo stesso tempo alle dislocazioni politiche interne.

I tassi di interesse sono saliti in modo significativo negli ultimi due anni passando dal 2% al 14% e oggi sono attesi in graduale diminuzione.  L’inflazione è costantemente diminuita fino ad attestarsi a dicembre al 5,8%, in netto calo rispetto al picco dell’aprile scorso, quando aveva superato quota 12.1%.

Dal nostro punto di vista, alla luce dell’attuale contesto, a nostro avviso, eventuali selloff di ispirazione politica, potrebbero offrire selezionate opportunità per incrementare l’esposizione sul mercato brasiliano, in particolare con riferimento ai corporate bonds.

L’attuale fase del ciclo dei tassi offre interessanti opportunità sia in relazione a imprese esportatrici, che possono anche ripagare il debito in dollari, sia di imprese focalizzate sui mercati domestici che trarranno vantaggio delle attese politiche fiscali espansive, così come sul fronte di emissioni di debito sovrano che beneficerà dell’attesa diminuzione dei tassi.

Il livello elevato del debito pubblico e la sua possibile ulteriore espansione resta tra i principali rischi da monitorare nel valutare l’esposizione al Paese.

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